lunedì 16 gennaio 2012

23. RIFLESSIONE DI CESARE MULE' a conclusione del convegno sul Beato Paolo (1989)

CESARE MULE' (Moderatore )
CONCLUSIONI
Chi ha seguito lo svolgersi del convegno di preghiera e di studio su beato Paolo Ambrosio ne avrà notato l'ampiezza e la solidità dell'impostazione e l'esplorazione di tante aree: l'ambiente socio-economico, i conflitti politici e dinastici, le rivolte delle plebi rurali ed in parallello l'evolversi della spiritualità e della pietas popolare, l'attività delle istituzioni ecclesiastiche ed insieme il modo di essere e di comunicare di una piccola ma dignitosa gente vissuta nel sec. XV dentro cui fiorì un uomo semplice e pacifico, vissuto per gli altri nel culto del Signore attraverso la mediazione della rinunzia e della preghiera come ha anche ricordato l'arcivescovo Antonio Cantisani.
Quei fatti lontani giungono sino a noi recandoci la cronistoria agiografica del beato Paolo inserita nel contesto descritto così validamente da tanti illustri relatori. Il filo sottile oggi è un nodo di speranza e di gratificazione, un colpo d'ala di tutta una comunità che a dispetto del consumismo e della violenza vuole esaltare alla gloria degli altari un uomo che ha saputo interpretare le reali aspettative della gente: una vita personale e sociale improntata a rapporti di semplicità e di bontà con un comportamento ordinario comune e perciò più eroico perché dispiegato nel corrusco di tempi in cui le armi e il potere tanto decidevano del destino degli uomini.
Noi siamo compartecipi di quel secolo di dolori, di contrasti, di pericoli. Il beato Paolo ci ha coinvolti ed oggi Lui è compresente per aiutarci con il suo esempio e la sua parola, a chiedere a gran voce una vita da cristiani nelle relazioni interpersonali e in quelle comunitarie.
Per questo lo vogliamo riconosciuto santo, perché noi stessi vogliamo essere santificati e cioè avviati alla salvezza dello Spirito.
La società sarà salvata -ha scritto un pensatore francese- non da un politico o da un economista (tante illusioni crollano miseramente proprio in questi mesi) ma da un santo e cioè dal tentare di essere santi in una congiuntura in cui il potere è sovrano, il denaro una misura, la disperazione crudeltà e barbarie.
E siamo grati a p. Remigio che ne ha studiato la vita, alla Chiesa di Cropani e all'attuale arciprete don Arrotta che ne custodisce le sacre reliquie, al Terzo Ordine Regolare di S. Francesco che risolutamente ne postula le ragioni per il tramite particolare di p. Gabriele Andreozzi e con l'indagine ad ampio spettro di don Raffaele Pazzelli, ai nostri ordinari diocesani e specialmente all'arcivesco¬vo Cantisani che ci ha donato una densa esortazione pastorale emanata in occasione del V centenario della morte del beato Paolo e presentata dal vicario generate mons. Lorenti.
Cropani fu la sua culla ed il suo altare. Cropani fu l'ererno solitario ma non isolato, il campo fecondo del suo apostolato sobrio ma incidente. Ed oggi quì la tradizione di devozione acquista nuova forza e convinzione.
IL card. Schuster ha scritto che una delle doti dei santi è la pienezza della semplicità, la "plenitudo simplicitatis". E' questa semplicità e bontà e sorriso ed accoglienza aperta e leale della Calabria che si riconoscono in questi santi.
Per questo diciamo: "Ti preghiamo, b. Paolo, acciocché anche per il tuo tramite Cropani e la Calabria siano preservate e sia garantita la semplicità del vivere che è cultura di speranza e di pace".

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