sabato 14 gennaio 2012

3. BIOGRAFIA del Beato Paolo scritta da P. Remigio Le Pera, Capp. (ridotta)

PRESENTAZIONE
E’ un gesto molto lodevole quello di voler conservare memorie che giovano all’educazione delle generazioni future e che decorano e ornano le nostre città e i nostri paesi, sottraendole così all’opera distruttrice del tempo che tende ad attenuare e perdere ogni cosa.
Il Beato Paolo D’Ambrosio da Cropani è un illustre mistico ... umile fiore che ha profumato con il suo soave odore le aiuole della Chiesa.
Catanzaro, 8 dicembre 1935
Giovanni Fiorentini - Arcivescovo di Catanzaro e Vescovo di Squillace

PREFAZIONE
Mi ha spinto a scrivere questa breve biografia il desiderio di far conoscere ed amare un santo e un illustre concittadino che onora la mia patria, la Calabria e l’Ordine Francescano... Possiate imitarne le virtù. L'autore

PATRIA

Nella diocesi e provincia di Catanzaro, su una ridente e pittoresca collina circondata da uliveti, sorge il comune di Cropani che domina la lussureggiante e tortuosa valle del Crocchio, l’immensa distesa della sua marina e l’ampio golfo di Squillace.
Cropani, paese antico, ricco di monumenti e di storia, patria di grandi uomini, che la illustrarono magnificamente, fu anche la fortunata patria del Beato Paolo D’Ambrosio: la sua gloria più fulgida perché adornato dall’aureola immortale della santità.
Il nostro Beato nacque il 24 gennaio 1432, di mercoledì, dall’antica e attualmente estinta famiglia degli Ambrosi. Al fonte battesimale lo chiamarono Paolo, quasi presagendo che un giorno egli si sarebbe distinto per le sue virtù e avrebbe fatto parte dei figli di Francesco d’Assisi risplendendo nella vigna del Signore di quella luce con la quale, sulla via di Damasco, venne investito l’Apostolo S. Paolo.

L’ADOLESCENZA

La grandezza di un genio e di un santo si rivela, normalmente, fin dalla più tenera età.
L’infanzia del nostro Paolo, data la sua fedele corrispondenza alla grazia divina, fu straordinaria in tutto. Sin da fanciullo diede segni visibili della sua futura santità. In tutte le sue azioni, come affermò il P. Fiore (+1683), dimostrò maturità, modestia e virtù tanto da avere di quell’età solo il tempo. L’indole buona e disciplinata del nostro Paolo, che era di esempio per i suoi coetanei, andava sempre più perfezionandosi sulla via del bene, grazie anche all’ottima e accurata educazione che costantemente riceveva dai suoi genitori. Essi, nonostante fossero poveri, non tralasciarono nulla per educarlo nel migliore dei modi, sia dal punto di vista morale che intellettuale.Fin da piccolo, in un clima di gioia e di amore, fu avviato verso i sentieri delle virtù cristiane. Il bimbo faceva tesoro di questi insegnamenti, manifestando una grazia e un sorriso che provenivano dal cielo.

LE VIRTU’ DELLA VITA LAICA

Il Signore aveva donato al nostro giovane un ingegno brillante. Per questa ragione, i genitori decisero di fargli presto frequentare la scuola.
All’ingegno sublime e alla ferma volontà di progredire negli studi, che tanto sarebbero stati utili per il suo futuro ministero sacerdotale, egli univa una limpida vita morale: resisteva a tutto ciò che potesse essere peccato e viveva le più belle virtù evangeliche, il migliore patrimonio e ornamento di un giovane. Per queste virtù si meritò dai suoi compaesani l’appellativo di Angelo: fu per tutti di esempio, così da creare intorno a sé un’atmosfera profumata e piena di amore celestiale. L’ubbidienza, l’umiltà e la virtù angelica erano da lui rigorosamente osservate con un amore non terreno. La preghiera, fonte di ogni virtù, lo elevava a Dio. Con il suo amore riusciva a trasformare ogni sentimento in virtù, anche attraverso il sacrificio dei sensi e la penitenza.
Con lo spirito della preghiera rese dolce e soave la sua ubbidienza ai genitori e agli altri e imparò l’umiltà, la regina tra le virtù, per la quale la Vergine SS. piacque al Signore. Anche il giglio immacolato della castità brillò meravigliosamente in lui tanto da renderlo prediletto a Dio e agli uomini. La devozione alla Madre di Dio e l’amore per Gesù Eucaristia, indispensabili per ogni anima pia, furono per il nostro Paolo un conforto grande ed efficace nell'affrontare i momenti di sofferenza ed energia pura per fortificare il suo spirito. Il giovane, così, si fortificava nelle virtù e si preparava a rispondere alla chiamata del Signore ad una sequela di totale consacrazione.

IN CONVENTO

L’Ordine Francescano in Calabria si diffuse rapidamente mentre il suo fondatore era ancora in vita ed ebbe una grande popolarità in tutta la regione. Lo stesso avvenne per il Terz’Ordine Secolare di San Francesco d’Assisi. Esso assunse l’appellativo di Regolare (T.O.R) e divenne, come afferma P. Luconi: “Un fiore gentile e odoroso spuntato sui passi casti di S. Francesco d’Assisi: naturale coronamento della sua opera provvidenziale.”
L’apertura di una comunità religiosa del T.O.R a Cropani nel 1440 fu provvidenziale per il giovane D’Ambrosio, dal momento che suscitò in lui la vocazione ad entrare nella grande famiglia francescana e in essa raggiungere il suo ideale di santità. Infatti, ben presto il Signore lo sottrasse dai campi incolti del mondo per trapiantarlo nei profumati giardini del Serafico d’Assisi.
Era il 20 marzo 1450 e Paolo aveva appena diciotto anni! L’età esuberante di dolci speranze e di sogni dorati, in cui tutto intorno sembra sorridere e la fantasia si culla in mete lontane che appaiono sublimi e facili da raggiungere ma che spesso, invece, sono amare delusioni!
L’abbandono totale di tutto ciò che era mondano gli veniva suggerito dall’amore sincero di ascoltare e seguire la voce del Signore: “Chi vuole seguirmi rinunzi a se stesso”.
Paolo, adorno delle più attraenti virtù, nel ritiro del noviziato, luogo di solitudine e di preghiera, di penitenza e di prove, ora si sentiva libero da ogni laccio che poteva tenerlo legato ai beni terreni. Quali santi propositi non fece in cuor suo varcando le soglie del convento, vestendo il saio francescano e nell’abbracciare la Regola? Intensificò in modo mirabile il lavoro interiore e alimentò la fiamma dell’amore divino verso le più alte vette dell’ascesi e della mistica.
Osservava la regola con scrupolo: il silenzio, l’astinenza, la frequenza del coro, l’umiltà nelle azioni, erano per Paolo una prassi ordinaria. Il suo stile di vita all’interno del convento, benché giovanissimo e agli inizi della vita religiosa, era esempio di consumata perfezione anche per i religiosi più esperti. Possiamo davvero affermare, con le parole del salmista, che "erano diletti al suo cuore i padiglioni del Signore"!
Paolo, dunque, diede il suo addio al mondo per vivere tra le sacre pareti del Convento del Terz’Ordine Regolare di S. Francesco d’Assisi, da poco fondato al di là delle mura di Cropani .

DA RELIGIOSO

Terminato il santo Noviziato con lode e ammirazione di tutti ed emessa la solenne professione dei tre voti di ubbidienza, povertà e castità, attraverso i quali ogni religioso abbandona per sempre la vita del mondo, Paolo si perfeziona maggiormente diventando modello di ogni virtù.
Anche nel corso degli anni di studio, che compie con gran profitto, egli tiene sempre presente la costante osservanza delle regole senza trascurare e venir meno anche al più piccolo dei doveri. Lo studio intellettuale e quello spirituale costituiscono, per Paolo, un unicum armoniosamente completo. Così procedendo, egli raggiunge ben presto la sapienza e la santità. Pone come fondamento dell’edificio della perfezione la sublime virtù dell’umiltà tanto insegnata e inculcata dal Maestro Divino durante la sua vita terrena: “Imparate da me che sono mite e umile di cuore”. Oh divina umiltà dei santi, quanto sei grande e mirabile!
Il nostro Paolo, profondamente convinto del potere di questa celeste virtù, non voleva ascendere al sacerdozio, imitando San Francesco, credendosi indegno per tale compito. Ma la santa ubbidienza, che solennemente aveva promesso di osservare per tutta la vita, gli impone di non opporsi al volere divino. E Paolo, come agnello mansueto, con candore d’animo e la certezza di poter meglio servire Dio, si abbandona alla volontà dei suoi superiori e nel 1458 diventa sacerdote.

ASCETA

Paolo sente crescere sempre più l’amore per Dio e il desiderio di unirsi a Lui. Vorrebbe esercitare la pietà in maniera intima e isolarsi dagli altri per soddisfare le sue soprannaturali aspirazioni. I superiori, però, conoscendo le virtù di cui era dotato, lo eleggono a padre guardiano .
Ben presto la santità del nostro Paolo si diffonde nei paesi vicini e, come avviene in simili circostanze, il convento comincia ad affollarsi di persone di ogni classe e condizione sociale che chiedevano di lui per esporgli i propri dubbi e ricevere consiglio o per trovare consolazione e sollievo alle angustie e difficoltà della vita. Paolo, come è proprio dei santi, ascoltava tutti con ammirevole pazienza e carità, donando sempre parole soavi e di conforto che infondono nell’animo dell’afflitto benessere e sollievo. Spesso il Signore manifesta la sua santità con il dono della profezia: a molti, infatti, accadde che prima di proferire parola egli sapesse già la ragione della loro visita e il rimedio giusto per soddisfare i loro bisogni.
Ma Paolo sente la necessità di stare solo; non ama gli afflussi e le conversazioni del popolo; vuole vivere di Dio e nella solitudine con Lui. Va, allora, via dal convento, luogo ormai troppo frequentato, e si rifugia in un eremo, oggi del tutto distrutto, situato tra Cropani e Belcastro in contrada Scavigna, chiamato di S. Maria dello Spirito Santo, dove passerà in contemplazione la maggior parte della sua vita.
Il silenzio e la solitudine sono virtù che formano e creano nobili e grandi spiriti tra gli uomini e presso Dio. E Paolo trova in quel luogo solitario la sua più grande consolazione perché lì ha la possibilità di entrare in comunicazione con Dio.
Possiamo solo immaginare come egli abbia passato quegli anni dedito alla contemplazione delle cose sante immerso nella natura; come si sia innalzato ai voli sublimi della preghiera, ai cantici di lode e di ringraziamento al Signore dell'universo per aver creato tante meraviglie.
Solo un’anima che vede Dio, anche nelle più piccole cose, non si stanca della contemplazione, del silenzio e della preghiera. E Paolo, che è una di queste anime, che vive più di cielo che di cose terrene, lontano dal fragore della vita mondana, in un convento che spontaneamente si è scelto e che gli offriva tutti i mezzi per giungere alla santificazione, non è mai sazio abbastanza di meditare sulla bontà di Dio e sui Misteri della fede.

A ROMA

Mentre Paolo studiava il modo di vivere lontano dal mondo nella solitudine e nell’umiltà, nell’anno 1488, insieme a Frate Bernardino da Bisignano, deve lasciare temporaneamente il prediletto convento di Scavigna per andare, secondo alcune fonti, al capitolo generale di Montebello di Lombardia; secondo altre, in pellegrinaggio nei luoghi santi. Trovandosi a Roma, mentre celebrava la santa messa nella chiesa di S. Maria della Consolazione, giunto al memento (ricordo dei defunti), una nube scese dal cielo, lo avvolse in tutta la sua persona e lo rese per breve tempo invisibile agli occhi del popolo. I fedeli, sbalorditi, dopo messa gli domandarono la ragione di tale prodigio e Paolo con la più schietta semplicità raccontò che, essendo morto suo padre a Cropani, era giusto che andasse a porgergli l’ultimo saluto e recitare un Requiem.
Questo prodigio di ubiquità concesso a Paolo dal Signore agli intellettuali può apparire come un segno di stoltezza, per i credenti, invece, è prova della benignità di Dio rivolta al suo servo. Coloro che ebbero la fortuna di assistere a questo evento prodigioso piansero di commozione e portarono a tutti la notizia del prodigio che Dio aveva operato.
Prima di ritornare in Calabria, Paolo pellegrinò nei più celebri Santuari d’Italia. Quindi ritornò felice nel suo amato convento di Scavigna per continuare a servire il Signore .

LA BEATA MORTE

Al rientro a Scavigna, agli inizi del 1489, molte persone accorsero per visitarlo, compresa la sua cara e anziana madre. La gioia nel riabbracciare il proprio figlio fu immensa, ancor più nel sentire i racconti di ciò che Paolo aveva visto nei luoghi santi e dei doni spirituali ricevuti.
Il cuore della madre fu colmo sì d’amore e di gioia, ma ben presto subentrò la sofferenza, non appena Paolo le rivelò che sarebbe passato ad altra vita e che quella era l’ultima volta che si sarebbero visti su questa terra: fra otto giorni Dio lo avrebbe reso partecipe della felicità eterna. Il figlio, vedendo il dolore della madre, la consolò e la rassicurò che presto si sarebbero rincontrati in cielo; e così, non senza lacrime, la salutò. Avendo il Signore rivelato a Paolo il giorno in cui sarebbe morto, si ritirò in solitudine per prepararsi al grande passo; nel silenzio meditò i misteri divini e si preparò a partecipare alla gloria che Dio dona a coloro che sino alla fine dei propri giorni perseverano nel bene. Nella sua grande umiltà, considerandosi peccatore bisognoso di purificazione, si accostò al sacramento della penitenza e chiese a Dio tutte le consolazioni della nostra santa religione.
Aveva 57 anni. Di questi 39 li aveva vissuti in convento, in preghiera, vivendo in umiltà. Ora attendeva il giorno benedetto nel quale avrebbe restituito l’anima al Creatore e goduto della sua visione per l’eternità. Beato è colui che muore tra le braccia del Signore!
L’ora beata si avvicina sempre più, una febbre lo assale, segno che la morte è vicina, ed Egli, sicuro di questo, con il sorriso sul volto, caratteristica propria delle anime sante nell’ora estrema, chiama attorno al suo letto tutti i suoi religiosi, così come fece il Serafico Padre San Francesco, e, tutto infuocato di amore celeste, parla loro dell’osservanza della Regola promessa a Dio, esortandoli a sopportare con pazienza ed evangelica rassegnazione tutte le avversità della vita per potere, un giorno, godere del premio della gloria immortale. Quanta commozione e lacrime suscitarono le sue ultime parole colme di unzione! Grande fu il dolore che i frati provarono nel dovere a breve perdere Colui che aveva elargito tanto bene con generosità e fraterna carità. Ma l’ora tanto desiderata è ormai giunta e Paolo, sfiorato sulle labbra da un dolce ed evangelico sorriso, rende la sua anima a Dio il 24 gennaio 1489. – Così muoiono i Santi!

LE TRIONFALI E PRODIGIOSE ESEQUIE

La morte dei Santi è un trionfo. I popoli che hanno la grande fortuna di aver conosciuto un uomo che, nel corso della sua vita, ha profuso aiuto, è stato per loro un protettore, ha dato sollievo alle loro anime, nell’ora dolorosa della sua morte non sanno contenere l’impeto dell’affetto e della riconoscenza che erompe spontanea e irrefrenabile dai loro cuori. E’ questo il degno tributo della gratitudine e dell’amore. “La memoria del giusto – dice la Sacra Scrittura – non si dilegua nel tempo ma rimane in eterno”.
Cropani pianse la morte del suo
grande cittadino e benefattore e il solitario convento di Scavigna divenne centro di attrazione per i cropanesi, per la vicina Belcastro e per i dintorni.
Il clero secolare e regolare, le autorità civili e una grande folla si recarono in quel luogo santo per rendere a Paolo omaggio pubblico della loro fede e venerazione.
Coloro che affluirono per venerare la salma di Paolo furono ancora una volta spettatori di eventi prodigiosi che confermarono la sua santità.
Spesso Dio, per rendere gloria ai suoi figli e servitori, permette che, attraverso essi, si ottengano delle grazie e si compiano fatti straordinari che superano la forza umana e destano meraviglia. Ebbene il Signore, Causa prima di tutte le cose, volle concedere al nostro beato il dono di fare miracoli in vita, in morte e dopo di essa.
Paolo aveva manifestato ai suoi religiosi il desiderio di essere trasportato, subito dopo la sua morte, al convento del Salvatore a Cropani, del quale oggi è rimasto solo qualche rudere, per poter riposare là dove in vita aveva professato il suo ministero. Il suo viso, rimanendo il corpo visibile ai fedeli per svariati giorni per soddisfare la loro devozione, da pallido ed estenuato per le aspre penitenze, si trasformò in colorito e fresco come quello di chi dorme ed emanò una quantità di sudore così odoroso da poter essere raccolto con dei fazzoletti, che in seguito operarono prodigi.

I MIRACOLI DOPO LA MORTE

Una delle ragioni che confermano la divinità di Nostro Signore Gesù Cristo è senza dubbio l’esistenza dei miracoli da lui operati in vita. Egli stesso, infatti, afferma: “Le opere che io compio nel nome del Padre mio sono quelle che parlano a mio favore” (Giov. 10,25).
Lo stesso può affermarsi dei santi. I miracoli che Dio compie per la loro intercessione sono segni della loro santità, benché non necessari, poiché la santità consiste nell'esercizio delle virtù fino all’eroismo. In tutti i secoli nel cristianesimo vi furono, come ai tempi di Gesù, i miscredenti che tentarono in ogni modo di allontanare i fedeli dal credere alla veridicità dei miracoli.
Non diversamente avvenne dopo la morte del Beato Paolo per le numerose grazie che Dio concesse a coloro che lo invocavano con fede. Alcuni, mossi da sentimenti indiscreti e sleali, affermavano questi fatti non fossero veri miracoli e che non dovessero essere attribuiti al Servo di Dio. Fu allora che Padre Alfonso Barchio, appartenente allo stesso ordine di Paolo e cittadino cropanese, in qualità di Commissario della Provincia di Calabria, spinto da ardente amore per Dio, andò alla Curia Romana, espose il caso ed ottenne dal Vescovo Flavio Ursino, Uditore Generale di Sua Santità Pio IV, una lettera esecutoria, che trascrivo e traduco nelle sue linee principali.
“Il Vescovo Flavio, Uditore Generale di Sua Santità, fa noto che, su istanza dei Frati del Convento del S. Salvatore del Terzo Ordine Regolare di S. Francesco d’Assisi di Cropani, Diocesi di Catanzaro, sarà inflitta la scomunica e la pena pecuniaria di 50 ducati d’oro a tutti coloro che, dopo sei giorni dall’arrivo della sua lettera e dopo il terzo avviso, continuassero a disturbare o impedire la pubblica venerazione delle sacre Ossa del B. Paolo D’Ambrosio da Cropani giacenti nella Cappella del Convento di S. Salvatore.
Roma, 12 gennaio 1562, 3° anno del Pontificato di Pio IV
Roma locuta est, causa finita est!
Dal giorno della morte, senza interruzioni, da cinque secoli, Cropani continua a nutrire la più viva devozione verso il suo santo concittadino: tutti, bisognosi o afflitti, ricorrono a Lui, ottenendone benefici e consolazione.

IL TRASFERIMENTO DELLE RELIQUIE

Il Beato Paolo si spense nell’eremo di Scavigna, nel territorio tra Cropani e Belcastro, e il suo corpo fu seppellito nella Chiesa conventuale dei Religiosi del Terzo Ordine Regolare del SS. Salvatore situato lontano dal centro abitato. Nonostante questa distanza, la tomba era continua meta di fedeli che, avendo riscontrato la costante protezione del Beato Paolo, accorrevano dai paesi vicini e lontani per implorare grazie.
Essendo il convento lontano dal paese e difficoltoso per la cura degli infermi, i frati avevano chiesto e ottenuto da Sisto IV, il 23 marzo 1476, la Chiesa di S. Maria delle Grazie situata all’interno delle mura. Alla chiesa era annesso un ospizio. Dopo la morte del servo di Dio, l'ospizio fu trasformato in convento. Così, nei primi decenni del seicento, il corpo del B. Paolo fu trasferito in questo nuovo convento e lì rimase fino al 1653, anno in cui il convento venne soppresso da Innocenzo X, poiché non aveva almeno sei frati.
Fu allora che il clero della Chiesa Matrice, reclamò l’onore di poter trasferire il corpo del Beato presso la Chiesa Collegiata. I Terziari Regolari acconsentirono a condizione che, nel caso in cui il loro convento fosse stato riaperto, le reliquie fossero riportate nella loro chiesa.
Il convento non fu riaperto e le reliquie rimasero nella Chiesa Matrice. Furono in seguito riposte in una teca e questa posta all’interno del busto ligneo del Beato. Con questa modalità vengono portate in processione.

LA CAUSA DI BEATIFICAZIONE

I Vescovi della diocesi di Catanzaro non misero mai in dubbio il culto del B. Paolo. Solo nel sec. XIX, la Curia Generalizia dei Terziari Regolari diede inizio alle pratiche per il riconoscimento ufficiale del culto del B. Paolo con la beatificazione equipollente per modum cultus ab Immemorabili. Il 24 maggio 1824, Mons. Emanuele Bellorado, fu nominato Vescovo di Catanzaro. L’anno dopo, il Procuratore Generale dei Terziari Regolari gli rivolgeva la supplica per l’istruzione del processo ordinario del B. Paolo, da inoltrare alla S. Congregazione dei Riti per averne la sanzione ufficiale. La supplica fu accolta e a D. Gennaro Corapi, Arciprete di Cropani, fu affidato l’incarico di ottenere informazioni in merito. Questi imbastì un regolare atto processuale firmato da tutte le Autorità religiose e civili. Il successore di Mons. Bellorado, Mons. Matteo Franco ordinò all’Arciprete di Cropani, D. Filippo Ape, l’istruzione di un nuovo processo sulla vita, i miracoli e le reliquie del B. Paolo. Cosa che questi fece il 20 settembre del 1830.
Il 16 ottobre 1866, il Procuratore Generale del Terzo Ordine, P. Francesco Salemi, rivolse una nuova supplica al Vescovo di Catanzaro per la riapertura della causa. Ma nel 1870 sopraggiunse l’occupazione di Roma, la soppressione degli Ordini Religiosi e la causa fu nuovamente sospesa.
Essa riprese in seguito al colloquio avuto dal P. Bonaventura Macchiaroli, Postulatore Generale dei Terziari Regolari, con l’Arcivescovo di Catanzaro nell’agosto del 1939. Questi, il 12 ottobre seguente, nominò una commissione per istruire il processo Ordinario, pregando P. Remigio da Cropani, cappuccino, di raccogliere tutte le notizie attinenti al caso. Purtroppo sopraggiunse la seconda guerra mondiale e anche questa iniziativa fallì”.
In previsione del 5° Centenario della morte del B. Paolo (1989), la causa riprese con lettera del 20 marzo 1980 del Postulatore P. Provenzano. Questi, il 10 aprile 1981, contattò l’Arcivescovo di Catanzaro per istruire, “a norma dei sacri canoni, il processo del Servo di Dio, nonché del culto a lui prestato fino ad oggi”. La causa fu temporaneamente sospesa per la malattia di P. Provenzano e ripresa dal suo successore, P. Gabriele Andreozzi.


Il 15 settembre 1996, Sua Eccellenza Mons. Antonio Cantisani, Arcivescovo di Catanzaro, nel Duomo di Cropani, ha presieduto alla solenne chiusura del processo diocesano per il riconoscimento del culto. Era presente il Ministro Generale dell'Ordine, P. Bonaventura Midili, con alcuni confratelli e un'immensa folla di popolo.

PREGHIERA

Concedi a noi, Signore, che, a imitazione del Beato Paolo, possiamo vivere in Te e ricondurre a Te, buon pastore, i nostri fratelli che si sono allontanati, inducendoli alla penitenza e alla pace. Per Cristo nostro Signore. Amen.

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