lunedì 16 gennaio 2012

8. BIOGRAFIA del Beato Paolo scritta da Padre Giovanni Fiore (1660 circa)

B. PAOLO D'AMBROSIO DEL TERZ'ORDINE DI S. FRANCESCO
di Padre Giovanni Fiore, Cappuccino, di Cropani(1622-1682)
in "Della Calabria illustrata", editore Rubettino, 2000, Tomo II,148-154.
Scrissero di questo b. servo del Signore molti, il più copioso fu Francesco Bordono, al quale andò avanti un antico scritto a penna, qual si conservava nell'archivio della medesima religione in Cropani; ma più prima scritto n'avea in ottava rima italiana con frase cropanese un tal per nome Francesco, il quale per esser nato e vissuto cieco, dismesso il nome della famiglia, veniva detto volgarmente Francesco l'Orbo, che per esser stato ne' tempi più in là prossimi al santo, poté del tutto esser ammaestrato della publica fama. Dopo tutti questi prendo a scriverne io con penna più diffusa; sì per le molte cose occorse dopo quelli, sì anche per la stretta parentela, qual tengo ad alcuni della medesima famiglia degli Ambrosii, rampolli, com'è da credersi, de' medesimi del beato. Cropani adunque fu la felice patria di lui, ove il dié alla luce li 24 gennaro del 1432 la famiglia degli Ambrosi, oggidì quasi estinta, se non sol vivente in poche donne, che val il medesimo che spenta. Appena nato mostrò aperti segni della sua futura santità; conciossiachè in tutto quel tempo nel quale fu o pargoletto nelle fascie, o fanciullo prima di arrivare all'uso della ragione, altro non ebbe di quell'età ch'il tempo, mostrando per altro senno, modestia e virtù come di perfecto adulto. Applicato alle umane lettere, sembrò d'averle divorate; poiché correndo troppo nel torso di quelle, appena posto nella classe de' primi, che già si scorgeva maturo all'altra degli ultimi. Quello però in lui recava più maraviglia, era l'osservarlo non secolare nel mondo, ma religioso ne' chiostri. Fuggiva la conversazione di tutti, se non solo di pochi vecchi e timorati di Dio. Non parlava che o di lettere o di virtù, consumando tutto il tempo gli sopravanzava in far orazione ad alcuna chiesa. E come se d'allora s'addestrasse al suave giogo dell'ubbidienza religiosa, a cui poi soggiacque, ubbidiva a' cenni, non pure a' suoi genitori, ma a qualunque altro voleva servirsene per affari domestici ed acconci all'età: onde tra per le fattezze del volto, ch'erano assai belle, e tra per la bontà del costume, suo più frequente nome appo tutti era quello d'Angiolo. Tutti ne formavano prognostici nobili e gloriosi, fra' quali il più volgare d'un qualche gran santo religioso; e tanto avvenne: poiché come prima toccò l'anno 18 della sua vita, vestì 1'abito claustrale del Terz'ordine Serafico, nel convento di detta religione, fondato poco dianzi fuori le mura del luogo, correndo li 20 marzo del 1450.
Ma se nella casa paterna era vissuto religioso, che poi non fu in quella del Signore? Come qui è la palestra della virtù, così il novello soldato vi s'applicò con tanto ardore d'animo, che in un convento, dove di quel tempo fioriva la santità, non fu veduto religioso alcuno, anche de' più consummati nella perfezione, di lui o più frequente nel coro, o più astinente nella mensa, o più umile negli esercizi, o più profondo nel silenzio, e quantunque giovane per 1'età e novello nella religione, sembrava però il più provetto nell'una e nell'altra. Compiuto il noviziato con tanta lode, e fatta la professione, non si rilasciò dal sentiero intrapreso; anzi che vie più incaloritosi nell'osservanza religiosa, non s'ordinò sacerdote, che fu 1'anno 1458, che al solo imperio dell'ubbidienza, che per altro fiso l'occhio all'esempio del suo serafico patriarca, avea risoluto di seguirlo coll'imitazione.
Ordinato adunque sacerdote, ed eletto guardiano, era troppo frequente il concorso de' popoli, quali se gli affollavano, chi per consiglio dell'anima, chi per consolo ne' travagli, tutti per glorificare Dio nel suo servo; tanto maggiormente, che molti senza anche favellare si udivano discoverta la cagione della loro andata, e il remedio preparato a' loro bisogni. Ma l'uomo di Dio, che più gustava la famigliare conversazione del suo Signore, che quella degli uomini, se non sol quanto vi li frammezzavano gl'interessi di Dio, aborrendo questi concorsi, pensò sottrarsene, come gia fè, cominciando ad abitare, (che fu il tempo più lungo della sua vita) un conventino oggidì rovinato, ma allora di molta santità, fra Cropani e Belcastro, detto Santa Maria dello Spirito Santo, in una tenuta di terre dette Scavigna. Ma quanto egli studiava come sepellirsi fra le tenebre delle solitudini, tanto più studiava il Cielo come discoprirlo con la Luce de' suoi favori. L'anno adunque 1488, andato con fra Bernardino da Bisignano altri dicono al capitolo generale qual si celebrava in Montebello in Lombardia, altri che alla visita de' Luoghi Santi, celebrando Messa nella chiesa di S. Maria la Consolazione, casa di questa religione in Roma, come fu al primo memento, tosto si vide avvolto dentro una maravigliosa nuvola scesa dal Cielo, e osservata da tutti i circostanti, avendola cosi durato buona pezza; onde perciò trattene in curiosità la gente, ed egli costretto dall'ubbidienza a dire quello gli fosse occorso, disse ch'essendo già morto suo padre in Cropani, gli era convenuto dargli un abbraccio ed un requiem. Racconto che, come fu di molta edificazione a chi 'l seppe, così rese al servo di Dio non dissomigliante concetto di santità. Con l'occasione di questo viaggio visitò tutti gli altri santuari più famosi d'Italia, avendovi consummato più d'un anno, dopo del quale, fatto ritorno in provincia, si portò a dirittura al suo luogo di Scavigna su 'l principio del 1489. Come tosto si udì il suo arrivo, furono a vederlo molti, fra' quali venne la madre, vivente ancora. La vidde, e l'ascoltò con molta amorevolezza il beato, raccontando a lei e ad altre donne ve¬nute in sua compagnia le cose vedute e osservate in quei luoghi Santi, dando alcune di¬vozioncelle, portate da quel viaggio. Gioiva la buona madre nel vedersi dappresso chi tanto amava, ma poi terminò la gioia in una grave amarezza, e fu che nel prender congedo le disse l'altro, che quello dovea essere l'ultimo loro abboccamento, mentre da lì ad otto giorni, qual era il festivo alla Conversione dell'Apostolo, l'avrebbe chiamato a sè: dovesse però racconsolarsi, ch'ambedue per la divina misericordia fra breve si avrebbono riabboccato nell'altra e miglior vita. Indi abbracciatala teneramente, bagnato di figliali lagrime, le dié licenza.
Egli altresì ritiratosi dalla conversazione de' suoi religiosi, s'applicò con più fervore alla contemplazione de' divini Misteri; purificò la sua coscienza col lavacro della penitenza e preparò ogn'altra cosa, qual gli parve necessaria per quest'ultimo passaggio. Intanto, sorpreso da una leggierissima febricciuola, in cinque giorni rese lo spirito al Signore li 24 gennaro del 1489, avendo prima fatto un acceso discorso a quei suoi religiosi sopra il buon esempio dovuto a' loro prossimi, e sulla puntuale osservanza della regola già promessa a Dio ed al lor padre s. Francesco. Discorso, che lor trasse dagli occhi un fiume di lagrime, considerando la grave perdita, quale tutti facevano nella morte di lui. Tosto ne fu data parte al ministro provinciale, qual si ritrovava in Bisignano, e fra tanto fu risoluto riporre il sagro cadavere dentro una cassa di legno, acciocchè, conforme al suo desiderio dichiarato negli ultimi respiri, venisse portato nel monasterio del Salvatore in Cropani, sì perché prevedeva la brieve rovina qual avvenne all'altro di Scavigna; sì per riposar morto ove vivo avea professato il regolar istituto. Ma da quì cominciarono li miracoli, conciossiaché, essendosi la cassa lavorata in Cropani senza mi¬sura, e perciò riuscita alquanto breve, appena fu invocato il suo nome, che il legno si distese a proporzione, e di vantaggio fu osservato che il cadavere da sé medesimo vi si acconciò, come se fosse vivo. Venuti intanto ambendue li cleri, secolare e regolare, e reggimento di Cropani, con un'infinita moltitudine di gente dell'uno e dell'altro sesso, e di Cropani e di Belcastro, si trasferì il prezioso cadavere nel raccordato monasterio del Salvatore, nel cui trasferimento occorsero due maraviglie. L'una, che coloro il portavano sentivano così leggiero il peso, che per certo stimavano non portar niente; onde fra di loro borbottavano: "Al di certo questi frati ci han dato vacua la cassa, e il corpo han per loro ritenuto". L'altra, che in un cammino di meglio che quattro miglia di strade montuose e scoscese non sentirono stanchezza alcuna, almeno quella qual sentivano gli altri venuti senza peso. Accrebbe la santità di questo b. servo del Signore, che in più giorni, nei quali stiè insepolto per contentare il concorso de' popoli convicini, non pure non si mutò di colore, ma si migliorò; poiché per altro pallido ed estenuato per la macera¬zione della carne, fu veduto colorito e bello, appunto come d'un uomo qual adagiatamente dormisse, tutto sudante sudore odorifero, in tanta copia, che da molti venne rac¬colto in fazzoletti, quali poi operarono molti miracoli. Compiute 1'essequie, e sodisfatto alla devozione de' popoli, fu riposto sotto all'altar maggiore della chiesa, accompa¬gnato dalle lagrime di tutti, e da un'infinità di miracoli, quali Iddio opera ad intercessione de' suoi meriti.
Un tal Francesco della terra di Cropani, ferito dal colpo d'una pietra nel ginocchio, si ritrovava inabile al cammino; invocò 1'aiuto del beato, e tosto svanì colla piaga il dolore. Un altro per nome Giovan Paolo della medesima terra, vecchio, infermo e mostruosamente gibboso, fattosi condurre al suo sepolcro, ebbe immantinente la sanità. Crescenzo di Marco cittadino e all'intutto sordo, appena ebbe invocati li meriti del bea¬to, che ricuperò 1'udito. Fra quelli, quali con fazzoletti rasciugarono il sudore dianzi raccordato fu Marco Biondi da Mesuraca, maestro di scuola in Cropani; e con suo utile: conciossiachè chiamato da' suoi per assistere al funerale d'una sua morta figliuola, ito e posto il fazzoletto su '1 cadavere dell'estinta, quella di subito riebbe la vita. Fiori¬na della medesima terra di Mesuraca coll'apporvi un frustolo del suo abito si risana da un tumore su d'un labro, che la rendeva abominevole; cosi come col medesimo frustolo ricuperò la già perduta salute Conrado Pandolfo suo concittadino. Per la miracolosa intercessione di questo beato in Cropani d. Solda si liberò dal mal caduco, d. Domenica da una mortale infermità, ed una sua figliuola moribonda riacquistò lo spirito fuggitivo. Cola Greco restò sano da una infermità che non gli permetteva né il mangiare né il bere; Giacomo d'Ambrosio, fratello del santo, si disgravò da una gamba gonfiata in grossezza d'un barite con molto dolore. D. Palomba moglie di Cola Barone non più si sentì travagliata da un'enfiatura di capo, per la quale se le smoveano tutti i denti della bocca. In Belcastro poi per la forza della medesima intercessione restarono liberi d. Ilaria ed un suo figliuolo da certe ampolle negre per tutta la persona, avendovi prima impiegate, ma inutilmente, molte medicine. Dionigi diacono, poco men ch'oppresso da un gravissimo dolore. In Cotrone una tal moribonda riebbe la vita, perché sopra di lei una sua figliuola chiamò il nome del beato; che poi la già risanata, col ripetere il medesimo nome sopra d'un suo figliuolo lo guarì da una rottura. Un tal per nome Giovanni, due anni cieco, implorando 1'aiuto del santo riacquistò la vista; d. Armenia le forze, ed un suo figliuolo zoppo la salute riebbero, sol con chiamare in loro prò l'intercessione del santo.
E nientemeno molti furono, quali portati da zelo indiscreto, stimando non veri questi miracoli, e perciò da non farne stima, molto meno da venerarne le sue reliquie, ne sparlavano alla peggio, e ne impedivano la publica esposizione; per il che, mosso da ottimo zelo, frat'Alfonso Barchio religioso di quest'Ordine e cittadino cropanese, commissario della provincia di Calabria, andato a Roma ottenne le seguenti lettere essequutoriali,

(Segue il "Monitorium di Flavio Orsini")

Trasferito poi il convento del Salvatore fuori le mura, nell'oggidì S. Maria la Grazia, attaccato a quello, che fu l'anno 1622, come io dico altrove, si trasferì la preziosa reliquia con la maggior solennità fu possibile a quel popolo; conciossiachè accoppiati i due ordini secolare ed ecclesiastico, col regolare ancora, per mano del p. Francesco Speranza allora guardiano, ma alquanto prima provinciale, furono le sagre reliquie portate nel sudetto convento. Ma poi, rimasto suppresso per la Bolla di papa Innocenzo (X), 1'anno 1653 furono queste riposte nella chiesa Matrice e aggregate con l'altre da monsignor Fabio Olivadisio vescovo di Catanzaro, con facoltà di portarsi ogn'anno li 3 gennaro [La festa è il 25], giorno della sua festaprocessionalmente per tutte le strade della terra, come già avviene ogn'anno con molta festa, concorso di popoli ed apparato di lumi.
Sono e per numero e per qualità maravigliose le grazie, quali anche giornalmente si ricevono da Dio per li meriti di questo suo b. servo, e fra queste si racconta che l'anno 1625, travagliando le campagne una fierissima arsura, recata loro dalla mancanza della pioggia per otto mesi, languiva il tutto mezzo inaridito, con non leggier sospetto d'una qualche memoranda carestia. II clero ordinò le solite processioni e preghiere per somigliante bisogno: ma il cielo quanto più sereno, tanto più sordo sembrava di non gradire quelle supplichevoli umiliazioni. Risolsero pertanto i religiosi di quest'Ordine cavar fuori il beato cittadino, come già fecero, accompagnato dall'uno e dall'altro popolo. Venuta la processione dentro la chiesa Collegiata, nel mentre si cantavano le litanie, cambiatosi da sereno in turbato l'aere, all'uscir del beato prese a distillarsi in piacevole pioggia, che poi continua fino alle quattro ore della notte; onde interrotta la processione si restituì alla sua chiesa il santo, gridando tutti: 'Misericordia, miracolo', ed accompagnando la pioggia del cielo con quella de' propri occhi. Non fu a sufficienza la caduta acqua, poiché assorbita da una si lunga arsura, appena valse per avvivare le già moribonde biade; per il che una mattina di domenica, quale cadde li 13 aprile, andato il reggimento alla chiesa del b. concittadino, supplicarono quel superiore (resti servito) d'esporre nella cappella del santo il Santissimo Sagramento, acciocchè per li molti meriti di quel suo servo compisca la grazia alquanto prima cominciata. Si cantò la Messa, e fu esposto il Venerabile Sagramento col concorso dell'uno e dell'altro clero. Mirabil cosa! Fu si presta ad ubbidir la pioggia, che non diede tempo alla gente di condursi in casa, ed il meglio fu stimato che, continuando fino alli 20 del medesimo mese, si provide al pieno al bisogno.

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