lunedì 16 gennaio 2012

19. IL BEATO PAOLO DEGLI AMBROSI DA CROPANI di RAFFAELE PAZZELLI (1989)


CONFERENZA di RAFFAELE PAZZELLI(1989)
Un Santo - è stato scritto recentemente, in occasione dell'elevazione agli onori dell'altare di un'altra anima eletta dell'Italia meridionale-, un Santo non è anzitutto una sorta di campione che compie prodezze, in prestazioni spirituali. Un santo è in primo luogo un uomo sedotto da Dio, che giunge a mettere al servizio di Dio la sua vita intera (1) .
Questa sembra essere una definizione appropriata della santità del Beato Paolo degli Ambrosi, da Cropani. Dalle non molte notizie che abbiamo intorno alla sua vita possiamo facilmente affermare che egli non compì delle prodezze: fu eminentemente un uomo sedotto da Dio, cioé totalmente ripieno di Dio e del suo Spirito, che non si curò delle cose terrene; anzi, dopo averle abbandonate, si curò unicamente delle cose di Dio; e per meglio farlo scelse -quando poté - la via dell'eremitaggio. Lui solo con Dio solo.
In questa relazione, o conversazione, io dovrei intrattenervi sulla figura del Beato Paolo. Però, non è ch'io vengo a "portare vasi a Samo e nottole ad Atene"; cioè non oserei parlare da maestro a voi, sulla vita del Beato Paolo, della quale conoscete tutti i particolari. Purtroppo, sappiamo bene che non sono molte le notizie che i vostri antenati ci hanno lasciato intorno alla sua esistenza. Io amerei, perciò, piuttosto illustrare alcune caratteristiche ben note del Beato Paolo, inserendole nel quadro generate della storia di Calabria, dell'atmosfera che doveva regnare in quegli ultimi anni in queste contrade, e del suo desiderio di solitudine che era anche una qualifica dell'Ordine religioso a cui egli appartenne, specie in quel determinato momento storico: il tutto per illustrare alquanto la personalità del vostro e nostro Beato.
Saranno quattro i punti che tenterò di svolgere:
1. IL Beato Paolo fu un francescano ed un asceta;
2. Si distinse nel riportare la pace fra le famiglie;
3. Ebbe inclinazione alla penitenza e alla contemplazione;
4. Le testimonianze sono unanimi nell'attestare la sua santità; come si spiega che il suo culto non è stato ufficialmente approvato?

1. Il Beato Paolo fu un francescano e un asceta.

"La Calabria nel passato -scriveva il vostro conterraneo Francesco Russo nel 1976, commemorando il 750 anniversario della morte di san Francesco di Assisi- è stata considerata la terra classica dell'ascetismo" (2) .
Osservava a sua volta recentemente il Pontefice Giovanni Paolo IL, nella sua visita del 5 ottobre 1984: "Per la sua conformazione naturale la vostra regione, posta con i suoi monti fra l'immensità del cielo e quella del mare, si direbbe che spinga spontaneamente alla elevazione verso Dio" (3) .
Una bella riprova di questa caratteristica che forma la "particolare e millena¬ria tradizione di civiltà di questa terra" - come si esprimeva l'altro vostro scrittore Luigi Costanzo - è costituita dalla prontezza con cui la Calabria aprì le sue porte al francescanesimo (4) .
Una riforma radicale - come appunto fu il francescanesimo - viene accettato o respinta a seconda che l'elemento basilare di quella riforma corrisponda o meno alla sensibilità di un popolo. IL fatto che la gente di Calabria aprì subito le braccia al messaggio di Francesco di Assisi sta a dire che la sua sensibilità cristiana riconobbe nell'annunciò di Francesco quello che essa intimamente attendeva.
Il francescanesimo fu subito di casa in questa regione, prima che in altre regioni d'Italia. Quando nel 1217, a soli sette anni dall'inizio ufficiale della predicazione itinerante di Francesco e dei suoi Frati Minori, nel Capitolo generate celebrato in Assisi si decise di raggruppare in province religiose il movimento suscitato dal santo, si costituirono 9 province-madri, 6 in Italia e 3 all'estero, in questo ordine o successione: Lombardia, Marca Anconitana, Calabria, Terra di Lavoro, Toscana, Puglia, Spagna, Germania inferiore e Provenza. La Calabria, in questa configurazione di Italia e di Europa, viene posta al terzo posto, prima di quelle regioni che, anche nel semplice ordine geografico, avrebbero dovuto precederla.
Non sta a me, e non sarebbe questo il tempo, il riaprire qui la dibattuta questione se tale pronta accettazione del messaggio di san Francesco da parte della Calabria sia dovuta at fatto che il monachesimo greco o basiliano, all'inizio di carattere eremitico, si era diffuso in Calabria all'insegna della povertà ed aveva quindi creato, già da secoli, un clima favorevole agli ideali dell'uomo di Assisi. E' certo che ad un attento esame questi ideali hanno punti di riferimento, se non di convergenza, con l'ascesi praticata dal vostro S. Nilo di Rossano e dalla moltitudine di monaci greci della famosa eparchia monastica di Mercurion, posta all'estremità nord-occidentale della Calabria, o (questa pronta accettazione del messaggio di san Francesco) sia piuttosto da collegarsi con le gesta più recenti del celebre abate Gioacchino di Celico o da Fiore (come è meglio conosciuto) che era morto solo 8 anni prima che Francesco iniziasse ufficialmente il suo movimento. Nessuno può negare che il messaggio religioso di Gioacchino ebbe più tardi un'influenza notevole su aspetti e su posizioni particolari (attenzione a queste delimitazioni) del francescanesimo. Prescindendo, dico, dalla soluzione che si intenda dare a questa dibattuta questione, sta di fatto che il francescanesimo attecchì subito nella terra di Calabria, iniziando un'apoteosi di figure calabresi francescane che non si è più chiusa.
Noi siamo qui per ricordarne una: il Beato Paolo degli Ambrosi, da Cropani: notissimo a voi tutti; poco noto al di fuori della Calabria; pressoché ignorato anche nel grande mondo francescano. Perché? IL cercare di dare una risposta persuasiva a questo problema ci porterebbe lontano. Forse vi verrà dalla illustrazione che il P. Gabriele Andreozzi vi farà sulla storia del Terz'Ordine Regolare di san Francesco, l'Ordine a cui egli appartenne. Per il punto che qui ci riguarda non constatiamo che ai veri inizi di quell'epopea francescana si ebbero qui numerosi conventi: a Scalea, a Cosenza, a Bisignano, a Corigliano e poco più tardi, verso il sud, a Crotone, Catanzaro, Vibo Valentia, Reggio. "Se si pensa -dice Francesco Russo- che i Domenicani, nello stesso tempo, non avevano in Calabria che un solo convento, quello di Cosenza, ci si può fare un'idea del favore, che vi incontrò il francescanesimo" (5) . La Calabria fu anche al primo posto nell'accogliere la riforma dell'Osservanza, iniziata in Umbria, nel 1368, da Fra Paolucciò Trinci, da Foligno. Infatti dall'opera di Fra Giacomo Oddi, detta La Franceschina, veniamo a sapere che Tommaso da Firenze e Giovanni da Stroncone, due noti propagatori della riforma, furono inviati in Calabria, insieme con il B. Paolo da Sinopoli, discepolo di S. Bernardino da Siena e vi diffusero l'Osservanza in tutta la regione.
"Contemporaneamente all'Osservanza vennero in Calabria i Terziari Rego¬lari francescani, i quali, avanzando dal nord verso il sud, riuscirono a poco a poco a fondare 39 conventi, riuniti in Provincia" (6) .
Si era nella prima meta del sec. XV. S. Bernardino da Siena, infatti, una delle 4 colonne dell'Osservanza, moriva net 1444 e veniva dichiarato santo nel 1450, proprio nell'anno in cui il giovane Paolo degli Ambrosi chiedeva di essere ricevuto nel Terz'Ordine Regolare. Questo avveniva qui a Cropani nel convento del SS. Salvatore, il quale - ci dice il Sordoni, lo storico più illustre del TerzOr¬dine - era stato aperto 10 anni prima, nel 1440 (7) . IL Beato Paolo aveva 18 anni.
Nato qui stesso, a Cropani, dopo una normale fanciullezza e adolescenza, trascorse nell'obbedienza e nello studio, nel bel mezzo dei suoi giovani anni decise di entrare fra i frati del Terz'Ordine Regolare. Nessuno ci dirà mai quali furono le sue motivazioni nello scegliere questa Famiglia francescana, umile e piccola, a paragone della Famiglia dell'Osservanza, già numerosa. E la storia è ugualmente avara di notizie nel descriverci le attività del Beato Paolo da persona adulta; ci dà solo notizie scheletriche. Che cioé divenuto sacerdote per obbedire ai desideri dei suoi superiori, trascorse i suoi anni migliori nell'apostolato fra gente semplice che "numerosa - dicono i suoi biografi - ricorreva a lui per consiglio e per conforto. Si adoperava in modo particolare a confortare le anima afflitte e a riconciliare le famiglie che tanto spesso erano in conflitto tra loro in quei tempi" (8) .

2. Si distinse nel riportare la pace fra le famiglie.

Queste espressioni fanno immaginare anni difficili e senza pace, qui in Calabria. E il desiderio di conoscerne di più ci invita a fermarci un istante, ad aprire una parentesi sulle condizioni sociali e civili di questa terra, a metà del sec. XV.
Non erano davvero tempi lieti. In verità, la Calabria non è stata mai una regione fortunata sotto questo aspetto. Alla sua elevatezza culturale non ha corrisposto un' altrettanto felice condizione sociale. Dal lato culturale - annotava il vostro scrittore già ricordato, Luigi Costanzo, - "le luci antelucane della millenaria civiltà della Calabria la rendono veneranda agli studiosi di tutto il mondo" (9). La Calabria infatti fu celebre fin dall'antichità per le figure eminenti alle quali diede i natali. Se possiamo appena ricordarne qualcuna, pensiamo ad Aurelio Cassiodoro (487-583), assunto a primo ministro di Teodorico (520) re degli Ostrogoti, a Cosma, maestro di S. Giovanni Damasceno (sec. VILI), a S. Nilo di Rossano, nel sec. X, in quell'epoca che nella storia d'Italia e della Chiesa è caratterizzata come "età del ferro" o "secolo scuro". Si ricorda poi il prete Scolario Saba che, avendo fatto un viaggio in Grecia, raccolse ben 300 codici con i quali dava inizio alla "prima biblioteca umanistica in Occidente", come afferma Francesco Lo Parco (10). A lui seguì subito Enrico Aristippo (1156), nativo di S. Severina che, venuto a contatto con i lavori letterari greci e innamoratosi della matematica e filosofia, fu tra i primi a tradurre opere di Aristotele, Platone e Tolomeo. Era il sorgere dell'Umanesimo in Italia. Con Gioacchino da Fiore, poi, il nome della Calabria ebbe vasta risonanza in campo internazionale. Per il periodo posteriore ricordiamo solo Bernardino Telesio (1509-1588), naturalista e filosofo, di fama mondiale, nato e morto a Cosenza.
Purtroppo, a questo mondo culturale, notevole ma ristretto a centri cittadini o monastici, non fece mai riscontro un confortevole stato sociale, per la stragrande popolazione di Calabria, specialmente nel periodo che stiamo considerando, cioè verso la meta del secolo XV.
Con la pace di Caltabellotta del 1302 che intendeva mettere fine alla guerra del Vespro, fra Roberto d'Angiò e Federico d'Aragona, iniziava per la storia della Calabria un ciclo di profonda decadenza, dovuta ad un cumulo di cause. Anzitutto quella pace, o tregua, fallì. Angioini e Aragonesi si contesero il dominio di Sicilia e Calabria per secoli (11). La regione di Calabria fu lasciata in abbandono dagli uni e dagli altri. Gli stranieri che avevano ottenuto dalla corte aragonese lo sfruttamento delle miniere divennero gli arbitri dei mercati e delle piccole industrie. La terra che nei primi anni della conquista angioina era stata spezzettata fra una turba di avidi cavalieri francesi, più tardi finì nelle mani di pochi signorotti feudali fra i quali emersero i Ruffo, con Nicola Ruffo, conte di Catanzaro e marchese di Crotone. In breve tempo fu il dominio dei baroni quello che venne a prevalere. IL fiscalismo angioino e aragonese fu tirannico in ogni tempo, cosicché i poveri cittadini, oppressi dalla miseria e dalla prepotenza, furono più volte costretti ad insorgere. La più grande insurrezione fu quella del 1459. E sappiamo che Ferdinando d'Aragona l'affogò nel sangue. La miseria seguitò a regnare sovrana. Comprendiamo allora la frase dell'agiografo: il Beato Paolo "si adoperava in modo particolare a confortare le anime afflitte e a riconciliare le famiglie che tanto spesso erano in conflitto tra loro in quei tempi". In mezzo a quel mondo baronale, sovrastato dalla miseria, si conservava - specie fra i più umili e miseri - quel senso cristiano che non perdeva la speranza in un futuro e vedeva, pur tra le sofferenze, la mano benedicente e protettiva di Dio. Così si spiega l'apertura di cuore con cui la gente semplice di Calabria accoglieva la sua parola. "Paolo, coma usano i santi -ha scritto il vostro P. Remigio - tutti ascoltava con mirabile pazienza e carità, per tutti aveva una parola soave e confortatrice, che scendeva nell'animo degli afflitti, satura di benedizioni e di sollievo" (12). La sua amabilità dovette causare grande concorso di gente, in continuazione. "Il convento era sempre affollato di persone di ogni ceto e condizione, che domandavano di lui" (13): alcuni cominciarono anche a venerarlo, a esaltarlo. IL Beato Paolo comprese che aveva bisogno di maggiore solitudine, per essere con il suo Dio. Ed ecco il nostro 3° punto:

3. Ebbe inclinazione alla penitenza e alla contemplazione.

Penitenza e contemplazione erano state una caratteristica di Francesco d'Assisi; una caratteristica trasmessa quasi in eredità ai frati del Terz'Ordine Regolare. Infatti quella parte del Terz'Ordine che si avviò verso la vita regolare, più propriamente religiosa, lo fece principalmente attraverso la vita eremitica e la vita ospedaliera. Gli eremitaggi fuori dell'abitato, insieme con gli ospedali e gli ospizi, furono le forme attraverso le quasi una parte del Terz'Ordine divenne regolare.
Constatiamo anche che nel Terz'Ordine Regolare le figure più nobili di questo periodo - incentrato attorno alla metà del Quattrocento - si distinsero per l'amore alla solitudine. "Dalla Valtellina ai monti della Calabria - ha scritto il Padre Luconi, il primo nostro illustre storico di questo secolo - nella prima metà del Quattrocento è tutto un costruirsi di piccole comunità, più propriamente eremitaggi, luoghi di anime generose, tendenti alla perfezione, lontane dai rumori delle guerre e dei sollazzi" (14) .
Così il Beato Paolo, ad un dato periodo della sua vita si allontanò dal convento del SS. Salvatore in Cropani, divenuto poco adatto al raccoglimento e alla contemplazione per il grande accorrere di fedeli e di devoti e ottenne dai suoi superiori di trasferirsi al solitario eremitaggio di S. Maria dello Spirito Santo, in una contrada chiamata Scavigna, tra Cropani e Belcastro. "In questo luogo del tutto solitario e lontano dal consorzio umano - ha scritto il P. Parisi - il Beato Paolo trascorse buona parte della sua vita religiosa, tutto dedito alla mortificazione, alla penitenza e alla contemplazione più profonda" (15). IL Bordoni infatti scriveva già a metà del Seicento: "Per la maggior parte [di sua vita] rimase nel convento di S. Maria dello Spirito Santo di un'altra terra, chiamata Scavigna, che era un luogo remoto dai rumori mondani ('a saecularibus motus'), più adatto alla preghiera a alla contemplazione, che non il convento di Cropani" (16) .
Per indicare come questo genere di vita fosse connaturate ai membri del Terz'Ordine Regolare in quel periodo, basterebbe ricordare l'altra eminente personalità del Quattrocento, con cui il Beato Paolo ha tanta somiglianza, quasi una similarità: il Beato Geremia Lambertenghi da Como. Era contemporaneo del Beato Paolo, essendo nato nel 1440, cioé solamente 8 anni dopo il Beato Paolo. Anch'egli aveva dato l'addio al mondo in giovane età, ritirandosi sul monte Brunate, sopra la città di Como, abitato dai nostri eremiti. Divenuto più tardi sacerdote, anch'egli solo per volontà dei suoi superiori, divise la sua vita tra la solitudine e l'apostolato.
Dopo 15 anni a S. Donato, sul monte Brunate, il luogo non era più solitario. Essendosi diffusa per tutta la città di Como, alle falde di quel colle, la fama delle sue virtù, - cosi si esprime il suo biografo -, molti fedeli accorrendo a frotte at suo eremitaggio lo distoglievano dal suo raccoglimento; allora chiese ed ottenne di trasferirsi ad un altro eremitaggio dei frati del Terz'Ordine, quello di S. Maria di Pizzichettone in Montebello (17) . IL Beato Geremia era ancora a Montebello nel 1488, quando i1 25 aprile di quell'anno si tenne in quel convento il XV Capitolo Generale dell'Ordine. Dalla lontana Calabria vennero il P. Provinciale, P. Bernardino da Bisignano e il Delegato Provinciale, P. Paolo degli Ambrosi. Sappiamo infatti che in quell'anno il Beato Paolo partecipo a quel Capitolo Generale. IL Bordoni lo dice "socius", cioé accompagnatore del Provinciale. Quello che a noi preme sottolineare è il fatto - sinora non notato da altri - che queste due grandi anime del Terz'Ordine Regolare, le sue due più illustri per il sec. XV, si siano incontrate. Nessuno ci dirà mai quello che si sono detto. Sappiamo però che pochi giorni dopo la morte del Beato Paolo, in data 8 febbraio 1489 veniva affidato a Fra Geremia Lamberten¬ghi l'alto incarico di costruire una chiesa al Piratello di Imola, sulla via Emilia, dove l'anno prima, i1 27 marzo 1488 il pellegrino cremonese Stefano Mangelli, diretto alla santa Casa di Loreto, aveva ricevuto l'ordine da parte della B. Vergine di rendere a Lei "particolari onori" in quel luogo. Il fatto, riconosciuto autentico dall'autorità religiosa, aveva create grande scalpore in tutta l'Italia del nord. La nobile Caterina Sforza, vedova di Girolamo Riario, signore di Imola e di Forlì, chiese al Papa Innocenzo VILI il permesso di far erigere essa stessa al Piratello una chiesa ed un convento per i religiosi a cui affidarla. Le autorità ecclesiastiche e civili di Imola furono concordi nello scegliere come Ordine religioso a cui affidare la fabbrica e la custodia "il nostro Terz'Ordine Regolare, la cui fama di zelo e di religiosa osservanza - ha scritto il Parisi - era ben nota in Romagna anche per avere esso ordine un convento nella vicina città di Forlì" (18).
Io sono proclive a pensare che - considerata la notorietà della cosa e il parlarne che se ne face proprio nei giorni in cui il Beato Paolo era in viaggio di andata verso Montebello - si fermasse anche lui, nel suo viaggio di ritorno, al Piratello, a venerare la B. Vergine. Se - come la tradizione ci attesta - il Beato Paolo aveva intenzione di fermarsi alla santa Casa di Loreto, trovò il Piratello lungo la sua strada, essendo il Piratello, tanto allora come adesso, lungo la via Emilia, nelle vicinanze della città di Imola: quella via Emilia che ogni viandante che va dal nord-Italia verso la Marca di Ancona è obbligato a percorrere. Il Beato Paolo non poté di certo prevedere che il suo amico Fra Geremia da Como che egli aveva lasciato da pochi giorni, avrebbe trascorso ben 18 anni, dal 1489 al 1508 in quel luogo, accanto a quella prodigiosa immagine della Madonna, "edificando la chiesa e il convento che ancora si ammirano e contribuendo attivamente a diffondere il culto e la devozione alla B. Vergine del Piratello, a tutt'oggi patrona e protettrice della città e diocesi di Imola" (19). Ritornato alla sua amata solitudine di Scavigna, il Beato Paolo non aveva ormai più alcun desiderio terreno. Nel suo peregrinare all'Italia del nord, aveva visitato le sacre Basiliche romane ed ammirata la loro magnificenza. Ormai era suo unico anelito visitare la Basilica del cielo, ed ivi rimanere in compagnia del suo Signore, che egli aveva fedelmente servito. Gli storici sono concordi nel dirci che, avendo conosciuto, per grazia particolare, la data della sua prossima morte, vi si preparò nella solitudine e nel silenzio. Dopo aver esortato i frati del suo eremitaggio a perseverare nel loro tenore di vita, dedicato a Dio, rendeva la sua bella anima al Signore il 24 gennaio 1489, a soli 57 anni di età. Essi, gli storici, ci dicono ugualmente che iniziava subito quella epopea di miracoli e grazie che avrebbe tenuto vivo fino ai nostri giorni, il suo ricordo e la devozione verso di lui tra la buona gente di Calabria (20) . Infatti, tutte le testimonianze che abbiamo, di qualsiasi ordine ed origine, relative alle varie fasi della vita del Beato Paolo sono unanimemente concordi nel descriverci una eminente santità, nella pratica di ogni virtù e in modo particolare della penitenza, amore alla solitudine e alla contemplazione. Sappiamo anche che più di una volta fu iniziato nella diocesi di Catanzaro un regolare processo canonico per comprovare l'esistenza di un culto, reso ininterrottamente al Beato, sin dal giorno della sua morte. Ci si affaccia allora la gravosa questione che forma il nostro quarto punto:

4. Le testimonianze e il culto

Se le testimonianze sono unanimi nell'attestare la santità di vita del Beato Paolo, come si spiega che il suo culto non è stato a tutt'oggi ufficialmente approvato dall'autorità ecclesiastica?
La risposta più appropriata - anche se, sotto qualche aspetto, possa apparire alquanto presuntuosa - sembra potersi cosi formulare: quando si tratta di un'anima eletta che appartenne ad un ordine o congregazione religiosa ben determinata, il suo possibile processo di canonizzazione e quindi il riconoscimento ufficiale della sua santità è intimamente connesso con l'interessamento, l'attività e, ultimamente, le vicende di quell'organismo a cui appartenne. Si sa bene che, affinché una causa di canonizzazione proceda speditamente, è necessaria, anzi indispensabile, una azione assidua, continuativa, per decenni. Quando, per le più svariate ragioni, i confratelli o le consorelle di quel Servo o Serva di Dio non possono occuparsi della sua causa di canonizzazione, quella causa non fa progressi e ben presto viene abbandonata.
IL P. Andreozzi vi dirà delle difficoltà che il Terz'Ordine Regolare di S. Francesco incontrò nella sua esistenza dal Cinquecento in poi e come non fu in grado di interessarsi dei suoi santi e beati, se non recentemente.
Io vi intratterrò sopra una sola di queste difficoltà, che fu però, forse, la più determinante: il decreto del 1652 con cui il pontefice Innocenzo X chiudeva e sopprimeva i cosiddetti "piccoli conventi", quei conventi, di qualsiasi Ordine religioso, in Italia, che avessero meno di sei religiosi. Nella lista di questi conventi "soppressi" vi erano i nomi di Cropani, Belcastro e altri luoghi della Calabria. I Terziari Regolari dovettero abbandonare questa terra. Per chi desidera saperne di più, ecco i particolari. IL provvedimento non venne all'improvviso, come un fulmine a ciel sereno; era stato in certo qual modo preparato. Già il concilio di Trento, nella sua ultima seduta (3.12.1563), aveva ordinato che in ogni convento o monastero vi fossero tanti religiosi quanti potevano essere convenientemente mantenuti dai redditi del monastero o dalle elemosine ordinarie. Sotto il pontefice Clemente VILI (1592-1605), nel 1601, era già stato ventilato un progetto che stabiliva un numero minimo di 12 frati per convento e la soppressione di quelli con meno religiosi. C'era stata anche la proposta di alcuni vescovi di assoggettare agli Ordinari dei luoghi i conventi più piccoli. Per allora non se ne fece nulla. Le cose cambiarono al tempo di Innocenzo X (1644-1655). Nel marzo 1649 veniva istituita una commissione di inchiesta "con le mansioni di esaminare l'amministrazione e la situazione patrimoniale e finanziaria dei conventi; e decretare la soppressione e la chiusura dei piccoli conventi ove non poteva risiedere una comunità di religiosi, formata giuridicamente" (21). Il relativo documento pontificiò parlava di conventi in cui, per la scarsità dei soggetti, non si potesse avere una "regolare osservanza". La commissione però non aveva il compito "di indagare sulla vita spirituale dei frati nei conventi, ma solo sui beni da essi posseduti". L'espressione "regolare osservanza" si intendeva nel senso prettamente giuridico di frequenza al coro, mantenimento della clausura e della vita comune. Quando si conobbero le direttive di questa commissione, vi furono reazioni. "I Procuratori generali degli Ordini Mendicanti chiesero di essere consultati in una faccenda di così grave interesse delle Religioni" (p. 15) e prepararono le ragioni da presentare alla S. Congregazione dei Regolari, "per le quali - cosi vi si legge - stimano non doversi sopprimere quei conventi che per la tenuità delle entrate non potessero alimentare sei frati". Fra esse vanno notate le seguenti, sicuramente valide "perche -vi si dice- essi mantengono le sacre liturgie nei villaggi"; perché "dai luoghi dei piccoli conventi vengono ottime vocazioni"; perché "sono di vantaggio, quale punto di riferimento, per i religiosi che viaggiano" (22).
Sfortunatamente queste ragioni non dovettero essere ritenute valide se di fatto il 15 ottobre 1652 veniva emanata la bolla Instaurandae regularis disciplinae con cui "si dichiaravano soppressi tutti i conventi in cui abitavano meno di sei religiosi". Vi si diceva anche che l'elenco completo dei conventi soppressi verrebbe fornito dalla S. Congregazione del Regolari ai Procuratori Generali dei singoli Ordini il 25 ottobre dello stesso anno. "Dei Francescani - annota Ferdinando Mastroianni - i Minori persero solo 13 conventi, i Conventuali ben 442, i Terziari Regolari 58" (23), di cui -precisiamo noi- nove in Calabria. IL nostro Francesco Bordoni, Procuratore generale del tempo, ci ha conservato, fra i documenti del suo Archivium, la lettera della S. Congregazione con l'elenco di questi 58 conventi soppressi. Per quel che ci riguarda essa dice: "Fra gli altri conventi delle Religioni, che nell'Italia e isole circonvicine la S. di N. S. ha suppressi nella constitutione pubblicata a 22 del corrente mese d'Ottobre 1652, la Sacra Congregazione deputata da S. B. sopra lo stato dei Regolari ha dichiarato che in cotesta Religione del Terz'Ordine di S. Francesco, sono rimasti suppressi e estinti li conventi infrascritti, ciòé: Nella Provincia di Calabria, Terranova, Cropani, Zagarise, Amanchea, Domanico, Magisano, Cuti, Belcastro, Pietrafitta" (24).
"Conseguenze di particolare gravità - afferma Emanuele Boaga - si ebbero non solo per gli istituti più colpiti dal provvedimento, ma anche per la cura pastorale soprattutto di piccoli centri rurali" (25). G1i storici della Chiesa, quando indagano sulle cause della decadenza della vita cristiana nelle campagne d'Italia lungo il Settecento, annoverano quasi sempre, fra esse cause, la scomparsa dei religiosi dai piccoli comuni e frazioni d'Italia, in seguito a questa soppressione dei piccoli conventi, operata a meta Seicento. Per ciò che ci riguarda osserviamo. La scomparsa di questi conventi segnò per il Terz'Ordine Regolare in Calabria l'inizio di un declino che venne in seguito ripetutamente aggravato e accelerato dagli eventi di fine Settecento e primi decenni dell'Ottocento. Dopo il 1818 ai Capitoli Generali dell'Ordine non sono più presenti i rappresentanti della Provincia di Calabria. Ai pochi Capitoli Generali che si potettero in seguito celebrare per il resto del secolo saranno presenti solamente i vocali di Marche-Umbria, di Sicilia e, saltuariamente, di Dalmazia (26).
Mancò, quindi, nel Terz'Ordine Regolare, chi potesse interessarsi delle cause di canonizzazione, data l'esiguità di numero dei religiosi che riuscivano a far sopravvivere l'Istituto. Tutto ciò spiega sufficientemente, credo, come e perché, per la causa del Beato Paolo, al 1990, noi siamo ancora solo in cammino.
L'augurio sincero - fondato sulla realtà di un interesse nuovo ed intenso - è che la causa di canonizzazione riprenda velocemente il suo iter e giunga presto alla meta desiderata.
Un ultimo particolare. Al momento della sua forzata partenza da Cropani i Terziari Regolari, che avrebbero voluto portare con sé i resti del Beato Paolo, acconsentirono alfine che il corpo del beato venisse trasferito alla Chiesa Collegiata o Matrice, con la condizione però che, nell'eventuale riapertura di un loro convento in Cropani, le reliquie fossero a loro riconsegnate, per essere pubblicamente venerate nella loro chiesa. Penso che questa condizione che rappresenta un patto intercorso fra il Terz'Ordine Regolare e la città di Cropani sia tuttora valida.
Voglia il Cielo che in un prossimo futuro questa condizione possa essere posta in atto, tramite una rinnovata presenza del Terz'Ordine Regolare nella vostra Città. Grazie per l'ascolto.

NOTE: IL BEATO PAOLO AMBROSI
1 ALFONSO POMPEI, Il Beato Antonio Lucci, dei Frati Minori Conventuali, Messaggero, Padova 1989, p, 7.
2 FRANCESCO RUSSO, San Francesco e la Calabria, Castrovillari, 8 ottobre 1976. -750 anniversario del Transito di S. Francesco, s.p.
3. GIOVANNI PAOLO IL, in l'Osservatore Romano, Città del Vaticano, 6 ottobre 1984.
4. LUIGI COSTANZO, Uno storico calabrese, in Francesco Russo, Scritti storici calabresi, Napoli 1957, p. VIL.
5. FRANCESCO RUSSO, San Francesco e la Calabria, cit., s.p.
6. Ibidem.
7. Cf FRANCESCO BORDONI, Chronologium sive Historia TertIl Ordinis S. Francisci. Parma 1658.
8. GIOVANNI FIORE DA CROPANI, Sommario della Vita del B. Paolo da Cropani, da Calabria illustrata IL, Napoli 1743, p. 81.
9. L. COSTANZO, Uno storico calabrese, cit., p. VIL.
10. Cf FRANCESCO RUSSO, Scritti storici calabresi, Napoli 1957, p. 277.
11. La dinastia degli Angioini, nel ramo italiano resse il regno di Sicilia e di Napoli dal 1266 al 1382; nel ramo collaterale di Durazzo resse il regno di Napoli dal 1386 al 1435. La dinastia Aragonese iniziò ufficialmente, comin¬ciando dalla Sicilia, nel 1392.
12. REMIGIO ALBERTO LE PERA, ofmCap., Vita del Beato Paolo D'Ambrosio da Cropani. IL edizione 1989, p. 23.
13. Ibidem.
14. RANIERO LUCONI, T.O.R., Il Terzo Ordine Regolare di S. Francesco. Bisson & Leopardi, Maccrata 1935, p. 360.
15. GIOVANNI PARISI, T.O.R., Florilegio serafico del Terz'Ordine Regolare di S. Francesco. S. Lucia del Meta (ME) 1968, p. 134.
16. FRANCESCO BORDONI, T.O.R., Controversiae morales. Tip. Corbelletti, Roma 1652, p. 192.
17. Cfr G. PARISI, Florilegio serafico, cit., p. 157.
18. Idem, p. 161.
19. Idem, p. 166.
20. Cfr REMIGIO A. LE PERA, Vita del B. Paolo, cit., pp. 28-37.
21. FERNANDO MASTROIANNI, L'inchiesta di Innocenzo X sui conventi cappuccini italiani (1650). Analisi sui dati. Roma 1985, 15.
22. Ibidem.
23. Idem, p. 26.
24. FRANCESCO BORDONI, T.O.R., Archivium Bullarum Privilegiorum Instrumentorum et Decretorum Fratrum et Sororum Tertii Ordinis S. Francisci, Parma 1658, pp. 913-914.
25. EMANUELE BONAGA, Aspetti e problemi degli ordini e congregazioni religiose nei secoli XVIL-XVILI, in Problemi di storia della Chiesa nei sec. XVILXVILI, Ed. Dehoniane, Napoli 1982, p. 112.
26. Cfr RAFFAELE PAZZELLI, T.O.R., Le Province nella storia del Terz'Ordine Regolare di san Francesco in Analecta TOR XX( (1990).

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