venerdì 3 febbraio 2012

30. IL CULTO DEL BEATO PAOLO D'AMBROSIO nella sua Cropani


PAOLO D'AMBROSIO DA CROPANI (1432-1489)
(Beato antico - Sacerdote del Terz'Ordine Regolare di san Francesco d'Assisi)

Mons. Bertolone e Membri della Pia Unione
Nacque a Cropani, in Calabria, il 24 gennaio 1432. Dopo un'infanzia e una adolescenza trascorse nello studio e nella pratica delle più belle virtù, scelse di condurre una vita dedita alla contemplazione e alla penitenza fra i terziari francescani dell'eremo di San Salvatore, presso Cropani.
Divenne sacerdote nel 1458, a ventisei anni, e da allora alla vita eremitica aggiunse la vita attiva, accogliendo quanti ricorrevano a lui. Dotato del dono della conoscenza dei più intimi se¬greti del cuore, donava a piene mani luce e conforto. Gli onori e la venerazione del popolo non si addicevano alla sua umiltà e fra Paolo allora si ritirò nell'eremo di Scavigna, non molto lontano.
L'obbedienza lo distolse dalla sua beata solitudine e lo obbligò a partecipare al capitolo generale del suo ordine, che si celebrava a Lodi di Lombardia nel 1488.
Lungo il percorso, sia di andata che di ritorno, i santuari di Roma, Assisi, Loreto furono le sue mete più ambite, come pellegrino, penitente e asceta.
A Roma, il Signore volle premiare tanta fede e tanto sacrificio, con il concedere al Beato Paolo il dono della bilocazione. Celebrava la messa nella chiesa di Santa Maria della Consolazione, dove era un ospizio per i pellegrini, e al «memento», quando cioè si ricordano i defunti, rimase come assente, senza dare segno alcuno di vita. Richiesto dal suo superiore, il Beato confidò di essere stato a Cropani, dove in quel momento stava morendo suo padre, e di avergli portato il suo filiale conforto.
Al ritorno salutò per l'ultima volta sua madre, predicendole che fra otto giorni sarebbe morto. Il 24 gennaio 1489, all'età di cinquantasette anni, rese l'anima a Dio.
Ai suoi funerali e poi alla sua tomba si susseguirono strepitosi prodigi. Fu sepolto sotto l'altare maggiore della chiesa di san Salvatore. Nel 1562, il Legato del Sommo Pontefice, Flavio Orsini, difese il culto prestato al Beato a voce di popolo e lanciò la scomunica su chi avesse osato impedirlo. Dalla sua morte ad oggi il suo culto è stato ininterrotto nella cittadina di Cropani (Catanzaro), dove le sue reliquie sono venerate in una cappella della Chiesa Parrocchiale.
Il 1980 è iniziato il processo di beatificazione ufficiale da parte della chiesa. Ma già nel passato più volte era stato iniziato, mai giunto a termine per le vicende politiche avverse. Il processo si è concluso il 10 settembre 1996, ma il 20 ottobre 2011 è stato ripreso per un supplemento di indagini, finalizzate al riconoscimento del culto ab immemorabili e delle virtù eroiche,
Per uleriori conoscenze, consultare il blog:
http://beatopaolodambrosio.blogspot.com/ in cui sono riportate 17 biografie del beato con altri interessanti documenti.

Bibliografia:
1. ANDREOZZI Gabriele, Il Beato Paolo D’Ambrosio da Cropani del Terzo Ordine Regolare di S. Francesco, Roma, 1996.
2. LE PERA Padre Remigio, Vita del Beato Paolo D'Ambrosio da Cropani, 2a ed.,1989.
3. CANTISANI Mons. Antonio, Convertitevi e credete al Vangelo, Esortazione pastorale, Catanzaro 1988.
4. http://www.nucciatolomeo.it/Video_229_Beato-Paolo-Vita.html

Padre Pasquale Pitari, Cappuccino
Il Duomo di Cropani (interno)


martedì 17 gennaio 2012

29. LA PERSONALITA' E LA SPIRITUALITA' DEL BEATO PAOLO D'AMBROSIO da Cropani

di PADRE PASQUALE PITARI

Fra Paolo D'Ambrosio da Cropani (1432-1489), sacerdote del Terz'Ordine Regolare di san Francesco d'Assisi, come l'altro suo conterraneo e contemporaneo più famoso, San Francesco di Paola, fu un uomo del suo tempo, testimone penitente dell'amore misericordioso di Dio, amante della solitudine contemplativa, ma attento ai bisogni dei poveri. In più, rispetto a Francesco di Paola, ebbe il ministero sacerdotale. In una situazione sociale di grande decadenza, seppe temperare il suo zelo contemplativo con le esigenze della vita apostolica.
Da buon religioso francescano, dava il massimo impegno alla disciplina monastica: "Silentio, orationibus, divinis meditationibus, ieiuniis et disciplinis assidue erat occupatus" (Bordoni).
Da buon sacerdote "ogni giorno celebrava la Santa Messa con grande spirito e devotione" (Bordoni) ed era un "ottimo consigliere spirituale" (Vernon). Sapeva "consolare e rappacificare" (Bordoni).
Da buon penitente, viveva "orando e contemplando li sacrosanti misteri della Passione del Salvatore" (Bordoni) .
Il Signore, per la sua fedeltà, gli concesse il dono dei miracoli, sia in vita che dopo morto: fu taumaturgo. "Per l'esercizio delle sue grandi virtù, e per i prodigi che il Signore per mezzo di lui operava, si era reso il Taumaturgo nelle sue vicinanze" (Anonimo) .
Il suo culto, ininterrotto, persiste nella sua Cropani. Egli è presentato nella diocesi di Catanzaro-Squillace, dagli stessi pastori, come "una luminosa figura da conoscere, da imitare e da invocare" (Mons. Cantisani).

1. LA PERSONALITA'

a. Un uomo.

Paolo d'Ambrosio nacque a Cropani, in Calabria, il 24 gennaio 1432, da "onesti e pii genitori" (Bordoni).
Visse un'infanzia e una adolescenza nello studio e nella pratica delle più belle virtù, "mostrando per altro senno, modestia e virtù come di perfecto adulto" (Fiore).
La sua profonda pietà e formazione religiosa lo guidava nelle scelte con serietà e generosità. "Evangelii legibus eruditus fuit. … Paulus semper se virilem et generosum praestitit (si comportò)" (Vernon). "Era tanto savio et obediente al maestro, … le sue azioni parevano d'uomo di gran prudenza, non di figliolo di così giovenil età" (Bordoni). "Per la bontà del suo comportamento era chiamato Angelo" (Fiore). "O nella scuola o nella Chiesa era solito trattenersi il giorno" (Martire).
L'umanità di Paolo era splendente di cortesia e di rispetto: "cortesemente ascoltava" (Bordoni).

b. Un francescano.

Quando ebbe 15 anni, Paolo sentì la vocazione di consacrarsi al Signore. Scelse di condurre per sempre una vita tutta dedita alla contemplazione e alla penitenza fra i terziari francescani dell'eremo di San Salvatore, presso Cropani. "Magnum adeo progressum fecit in virtute tempore Novitiatus" (Vernon). "In monastica observantia, et exercitiis spiritualibus coeteris praestabat (era zelante)" (Bordoni).

c. Un sacerdote

Divenne sacerdote nel 1458, a ventisei anni, e da allora alla vita eremitica aggiunse la vita attiva, accogliendo quanti ricorrevano a lui. Dotato del dono della profezia e della conoscenza dei più intimi segreti del cuore, donava a piene mani luce e conforto e sospingeva tutti verso mete più alte, da esperto consigliere spirituale. "Superiorum iussu, initiatus sacerdotio, Missam quotidie celebrabat eximia pietate" (Veron). "Multi ad eum accurrebant pro consiliis tum animae tum corporis, quorum mentem et cordis desideria antequam loqueretur praenuntiabat illis, ministrando documenta salutis" (Bordoni). "Ad eum plerique (i più) confugebant (si rifugiavano), velut ad peritissimum conscientia moderatorem" (Vernon). "Nemo accessit ad eum tristis, qui non redierit consolatus; dissidentes facili negotio reconciliabat ad invicem" (Bordoni).

d. Un taumaturgo

Gli onori e la venerazione del popolo non si addicevano alla sua grande umiltà e fra Paolo ottenne allora di ritirarsi nell'eremo di Scavigna, non molto lontano. "Più gustava la famigliare conversazione del suo Signore, che quella degli uomini… Aborriva, infatti, i concorsi degli uomini. Questi li accettava solo se si "frammezzavano gli interessi di Dio… Ma quanto egli studiava come se-pellirsi fra le tenebre delle solitudini, tanto più studiava il Cielo come discoprirlo con la Luce de' suoi favori" (Fiore). "Per l'esercizio delle sue grandi virtù, e per i prodigi che il Signore per mezzo di lui operava, si era reso il Taumaturgo nelle sue vicinanze" (Anonimo). "Sparsa la fama della sua bontà gli concorreva della gente, menandoci infermi e altri travagliati, e tutti eran da colui consolati" (Martire).

e. Un itinerante.

L'obbedienza lo distolse dalla sua beata solitudine e lo fece peregrinare da un capo all'altro d'Italia, per partecipare al capitolo generale del suo ordine, che si celebrava a Lodi, in Lombardia. Era il 1488. (Bordoni).
Lungo il percorso, sia di andata che di ritorno, i santuari di Roma, Assisi, Loreto e di altri luoghi furono le sue mete più ambite, come pellegrino, penitente e asceta (Bordoni).
A Roma, il Signore volle premiare tanta fede e tanto sacrificio, con il concedere al Beato Paolo il dono della bilocazione per assistere il padre morente (Bordoni).

f. Sorella morte.

Tornato a Scavigna, Fra Paolo salutò per l'ultima volta sua madre e "dopo di haverla consolata con filiale amorevolezza le predisse il giorno della sua morte" (Anonino). Qui, dopo 4 o 5 giorni di febbre, sorella morte lo prese con sé il 24 gennaio 1489, all'età di cinquantasette anni.
Ai suoi funerali e poi alla sua tomba si susseguirono strepitosi prodigi.
Il suo culto è stato ininterrotto, fino ad oggi.

2. LA SPIRITUALITA'

a. L' amore per Cristo e per Maria

Nella vita di Fra Paolo il rapporto con Dio aveva un'importanza unica, prioritaria rispetto ad ogni altra occupazione. Il coro, la preghiera, le divine meditazioni, la celebrazione della Santa Messa, la contemplazione del Crocifisso occupavano il primo posto. In tutte queste cose i biografi dicono che Fra Paolo "erat assiduus" (Bordoni). Nelle iconografie il Beato è sempre rappresentato contemplante e adorante la croce o con la croce in mano. Era nel nome di Gesù Crocifisso e Redentore che Fra Paolo offriva la sua opera di consigliere, di rappacificatore, di predicatore e di confessore. A tutti dava "documenta salutis" (Bordoni), ossia le indicazioni certe per la salvezza.
Il romitorio-convento di Scavigna era dedicato a Santa Maria dello Spirito Santo e l'ospizio del TOR di Cropani a Santa Maria delle grazie. Il Bordoni dice che Fra Paolo "erat multum devotus" di Maria (Bordoni). Condotto da Cristo e da Maria, il beato visse le virtù teologali e cardinali in modo luminosissimo. Da buon francescano, sulla scia di San Francesco d'Assisi, si consacrò totalmente a Cristo con i voti religiosi, vivendoli e facendoli vivere in modo "egregio". "Mores egregie reformabat, potens in opere et sermone, perducendo illos ad perfectionem vitae religiosae" (Bordoni). "Mores reformavit suorum subditorum, quos magis exemplo et opere, quam verbo et persuasione ad perfectionem vitae religiosae perduxit" (Bordoni).
Ma Paolo amò teneramente Cristo e lo servì anche nei "lebbrosi" del suo tempo, proponendo a tutti la via del Vangelo della carità, del perdono e della misericordia. "Nemo accessit ad eum tristis, qui non redierit consolatus" (Bordoni).

b. La penitenza

Il beato Paolo, sulla scia di san Francesco, uomo penitente, abbracciò il valore-dono-dovere evangelico della penitenza con gioia ("plurimum in deliciis"), lo amò, lo visse, lo testimoniò. Fu il segreto della sua amabilità e della efficacia della sua azione, come uomo di Dio e come uomo vero, forgiato di verità e di sapienza. "Mortificava il suo corpo con lunghi digiuni, discipline, cilicii e flagelli per mantenerlo soggetto alla ragione" (Bordoni). "Mirabantur omnes quantum praevaleret supra caeteros sapientia et fortitudine in disciplinae monasticae rigida observatione. Silentium, meditatio, austeritas illi, plurimum in deliciis erant" (Vernon).

c. La contemplazione

Il serafico Padre San Francesco, -dicono i suoi biografi-, spesso si ritirava nelle selve e nei romitori di La Verna, di Rivotorto, … per contemplare le realtà di Dio e, piangendo, gridava "L'amore non è amato" oppure ripeteva "Dio mio, mio tutto". Fra Paolo, vero figlio di Francesco, aveva fatto della contemplazione la sua ascesi quotidiana. Nel rapporto con Dio, in comunione con i frati o nella solitudine delle grotte, nel silenzio di San Salvatore o di Scavigna, conventieremi lontani dal centro abitato almeno un miglio, Fra Paolo viveva e "gustava la famigliare conversazione del suo Signore". La sua preghiera "famigliare" era la lode, o la liturgia delle ore, o la penitenza per i peccati degli uomini, oppure la meditazione del senso delle cose, alla luce della Parola di Dio e delle promesse celesti. In questo, Fra Paolo era il testimone della trascendenza, richiamo all'essenza della vita, monito per gli uomini suoi fratelli a non lasciarsi distrarre dalle vanità e dalle vacuità. "L'uomo di Dio, più gustava la famigliare conver-sazione del suo Signore, che quella degli uomini… Ma quanto egli studiava come seppellirsi fra le tenebre delle solitudini, tanto più studiava il Cielo come discoprirlo con la Luce de' suoi favori" (Fiore).
L'apice della contemplazione era la celebrazione della Santa Eucaristia, in cui, con Gesù sulla croce, anche lui si immedesimava vittima per la salvezza di quel mondo, che lui aveva abbandonato, ma per amore: per meglio servirlo con la sua preghiera oblativa e il suo saggio consiglio. "Quotidie immaculatum sacrificium Deo offerebat" (Bordoni).

d. La pace

Il valore della pace è preminente nella spiritualità di Fra Paolo. Lui era uomo di pace, secondo lo spirito delle beatitudini, perché pieno di Dio, l'unico vero principio della pace per l'uomo. La pace che Paolo viveva, la sapeva trasmettere. Ecco perché le genti ricorrevano a lui; e lui tutti ascoltava, consolava e guidava, anche se qualche volta questo avveniva con sofferenza interiore. Insomma, la sua non è stata una santità facile: cercava quell'equilibrio interiore tra l'essere "tutto di Dio" e l'essere "tutto di tutti". "Dissidentes facili negotio reconciliabat" (Bordoni). "Cortesemente ascoltava, dandoli documenti di salute" (Bordoni). "Nessuno mai s'accostò a Lui travagliato, che non si partisse ancor consolato" (Bordoni).
Concludiamo con le parole ispirate del pastore, Mons. Antonio Cantisani, che ha proposto il beato come modello dell'essere chiesa oggi nella storia, modello di conversione e di fede, nella Esortazione pastorale Convertitevi e credete al Vangelo: "Sente con più viva intensità il bisogno di essere «strumento di pace» chi ha avuto la grazia di rimanere affascinato dal carisma di S. Francesco d'Assisi. Così è avvenuto per il Beato Paolo. Accoglieva persone di ogni condizione e di ogni ceto: e per tutti aveva parole di conforto, e tutti esortava alla comprensione, alla riconciliazione, al perdono, alla pace".
Il 1980 è iniziato il processo di beatificazione ufficiale da parte della chiesa. Ma già nel passato più volte era stato iniziato, mai giunto a termine per le vicende politiche avverse. Il processo si è concluso il 10 settembre 1996, ma il 20 ottobre 2011 è stato ripreso dall'Arcivescovo Mons. Vincenzo Bertolone, su invito del postulatore generale del TOR Padre Pino Neri, per un supplemento di indagini finalizzate al riconoscimento del culto ab immemorabili e delle virtù eroiche. Giovedì 15 marzo 2012, concluso il processo suppletivo, tutti gli elaborati sono stati depositati presso la Congregazione dei santi a Roma. Ora si attende il decreto di validità del Processo. Poi, ottenuto il relatore, deve essere preparata la Positio, ossia la tesi da studiare. I voti dei teologi porteranno il Papa ad emettere il giudizio definitivo. Dio sia benedetto nel suo beato Paolo D'Ambrosio. Amen

lunedì 16 gennaio 2012

17. PROFILO BIOGRAFICO di PAOLO da CROPANI, beato, in BIBLIOTHECA SANCTORUM (1968)

in BIBLIOTHECA SANCTORUM. Vol. X, Roma 1968. Pag. 257.
PAOLO da CROPANI, beato.

Nato a Cropani (Catanzaro) il 24 gennaio1432, apparteneva alla famiglia D'Ambrosio, in seno alla quale fu formato alla pietà cristiana e nella conoscenza delle lettere sacre e profane. A diciotto anni entrò nell'Istituto del Terz'Ordine Regolare di S. Francesco e professò nel convento del S.mo Salvatore in Cropani.
Ordinato sacerdote nel 1458, si distinse subito nell'esatta osservanza della regola monastica, nell'amore al silenzio e al raccoglimento, nell'orazione e nella penitenza. La fama delle sue virtù religiose e sacerdotali si diffuse nella contrada e gran numero di persone ricorreva a lui per consigli e per guida, sicché in breve divenne il consigliere e il consolatore di tutti. Più volte priore del convento di Cropani, preferì tuttavia passare buona parte della vita nel ritiro di S. Maria dello Spirito Santo a Scavigna, che predilesse per essere deserto e quindi adatto alla preghiera, al raccoglimento e alla mortificazione.
Nel 1488 partecipò al capitolo generale di Montebello in Lombardia e al ritorno visitò Roma e celebrò la Messa nella chiesa dell'Ospedale della Consolazione. Un giorno, mentre ivi celebrava la Messa, sostò al Memento più del solito; richiestone del perché, confidò al provinciale che in quel momento il Signore gli aveva fatto conoscere la morte del padre e che in spirito aveva assistito ai suoi funerali. Dopo aver visitato anche Assisi e Loreto, ritornò al suo ritiro di Scavigna per prepararsi alla morte, che previde imminente, e che lo colse il 24 gennaio 1489.
Il provinciale, Bernardino da Oriolo, lo fece seppellire nella chiesa del convento, dove ebbe culto pubblico con festa annuale, celebrata solennemente. Soppresso il convento nel 1653, le reliquie furono trasferite nella chiesa parrocchiale, dove hanno continuato ad essere oggetto di venerazione. Diversi miracoli, accuratamente catalogati da Remigio da Cropani nel cap. X della sua biografia, sono stati da lui operati dopo la morte.
Nei 1562 Flavio Orsini, uditore generale di Pio IV, comminò la scomunica contro chiunque avesse osato impedire o disturbare la venerazione delle ossa del beato. II suo culto, mantenutosi ininterrotto attraverso i secoli nella sua città è stato diffuso in America dai cropanesi emigrati, i quali ne celebrano solennemente la festa anniversaria.

16. BIOGRAFIA "Il B. Paolo Ambrosi" di R. Pazzelli (1958)

In R. PAZZELLI, "Il Terzo Ordine Regolare di S. Francesco attraverso i secoli". Spoleto 1958. pp.150-153.
* Questo profilo del B. Paolo ha avuto come fonte l'opera del LUCONI

Un altro Religioso Terziario che nel Quattrocento fece degni frutti di penitenza fu il B. Paolo Ambrosi. Nato a Cropani (Prov. di Catanzaro) nel 1432 ed educato da pii genitori nel timore di Dio e nelle Lettere. A 18 anni entrò nell'Ordine e ne professò la Regola nel Convento del SS. Salvatore in Cropani, distinguendosi subito fra tutti nella regolare osservanza, nell'orazione e nella mortificazione.
Promosso per ubbidienza agli Ordini sacri nel 1458, fu un Sacerdote secondo il cuore di Dio. Il buon odore di santità non tardò a propagarsi. Benché avesse attrattive per la solitudine ed amasse ritirarsi nei monti della sua Calabria per dedicarsi alla penitenza e alla contemplazione delle cose celesti, non si separò completamente dal mondo e si rese utile ai fratelli che, numerosi, accorrevano a lui per consiglio e per conforto. Aveva il dono del consiglio ed il segreto di consolare gli afflitti e riconciliare gli animi dissidenti.
Cosa veramente mirabile, prima che i devoti gli manifestassero i loro bisogni ed i loro desideri, l'uomo di Dio, illuminato da una luce superiore, li preveniva mostrandosi bene informato delle loro necessità spirituali e temporali. Il santo religioso fu più volte preposto al governo del suo Convento di Cropani e traeva i suoi sudditi all'osservanza della vita regolare più con l'esempio che con la parola.
Nella primavera del 1488 intervenne col suo Provinciale al Capitolo Generale convocato a Montebello (Lodi) in Lombardia. Nel viaggio visitò Roma; durante tale sosta, un mattino celebrò la S. Messa a S. Maria della Consolazione, alle pendici del Campidoglio. Avvenne che al Memento restasse lungamente immobile con ammirazione degli astanti che non sapevano spiegarsi la ragione di quella troppo lunga pausa. Finita la celebrazione, il buon Padre confidò al suo Provinciale che durante la Messa il Signore si era degnato rivelargli l'avvenuta morte del suo genitore e al Memento aveva assistito in spirito ai funerali di lui. Di ritorno dal Capitolo di Montebello, visitò la S. Casa di Loreto ed i santuari della Verna e di Assisi; nel gennaio del 1489 era di nuovo nella solitudine della sua Calabria, dalla quale doveva presto uscire per volarsene in cielo. Durante il viaggio aveva predetto la sua prossima morte; di fatti, dopo una brevissima malattia, confortato dai santi Sacramenti, si addormentò nel Signore il 24 gennaio dello stesso anno 1489.
Il servo di Dio, chiaro per l'amore alla solitudine e per lo spirito di orazione, ricco dei doni del consiglio, della profezia e dei miracoli, fu sepolto nella Chiesa del Convento di S. Maria delle Grazie (*). Soppresso quel Convento da Innocenzo X nel 1652, il corpo del Beato l'anno seguente fu trasportato nella Chiesa maggiore dove continua ad essere venerato come quando riposava nella Chiesa del suo Ordine.
La compendiosa narrazione della santa vita di questi uomini illustri che fiorirono nel primo secolo di vita unitaria basta a darci un'idea della espansione e vitalità spirituale dell'Ordine. Nessuno purtroppo ci narrerà le opere sante degli eremiti dei secoli XIII e XIV i quali, come abbiamo visto, orientarono il Terzo Ordine Secolare allo stato regolare con la vita comune e la professione dei voti religiosi. Se avevano la nobile ambizione di aspirare a doni maggiori – aemulantes charismata meliora – dobbiamo ritenere che erano uomini di santa vita. Se tanti non sono stati proclamati santi dalla Chiesa non importa: è certo che furono uomini di alta perfezione e possiamo ritenere che il loro nome e scritto in cielo.

(*) Solo nel 1622 le reliquie del B. Paolo furono portate al Convento di Santa Maria delle Grazie. Prima erano al Convento del SS. Salvatore in Cropani.

15. BIOGRAFIA "B. Paolo Ambrosi" di R. LUCONI (1935)

in R. LUCONI, Il Terz' Ordine Regolare di S. Francesco, con prefazione di Giovanni Joergensen. Macerata 1935, pp. 134-135.

Nel convento di Cropani si venerava fino al 1653 il corpo del B. Paolo Ambrosi: altra bella figura di religioso vissuto santamente nel quattrocento. Era nato a Cropani l'anno1432. Educato dai pii genitori nel timor di Dio e nelle lettere, a 18 anni entrò nell'Ordine e fece la sua professione nel convento del SS. Salvatore in Cropani. Fin dai primi anni fu religioso osservantissimo della vita monastica e non fu secondo a nessuno nel silenzio, nell'orazione e nella penitenza.
Nel 1458 fu promosso agli ordini sacri e ogni giorno celebrava la S. Messa. Il buon odore di santità del servo di Dio non tardò a propagarsi e molti ricorrevano a lui per consiglio; e, cosa veramente mirabile, prima che i bisognosi manifestassero i loro desideri, l'uomo di Dio li preveniva, mostrandosi bene informato delle necessità spirituali e materiali che li avevano condotti a lui. Così divenne il saggio consigliere e l'amorevole consolatore di tutti. Eletto più volte all'ufficio di Priore nel suo convento, predicò l'osservanza regolare più con l'esempio che con la parola. Però la maggior parte della sua vita la passò nel convento di S. Maria dello Spirito Santo a Scavigna, luogo deserto e più adatto all'orazione, alla contemplazione e alla penitenza.
Nei 1488 intervenne col suo Provinciale al capitolo generale, convocato nel convento di Montebello in Lombardia. Nel suo viaggio visitò Roma e celebrò la S. Mesa nella Chiesa di S. Maria della Consolazione. Ora avvenne che al Memento rimase lungamente immobile con ammirazione dei presenti. Dopo la Messa i1 buon Padre confidò al suo Provinciale il motivo di quel lungo Memento e dichiarò che il Signore si era degnato rivelargli la morte del suo genitore e in spirito aveva assistito ai di lui funerali.
Dopo il capitolo generale visitò i luoghi santi di Roma,
Assisi e Loreto e ritornò alla sua solitudine nel gennaio 1489. Durante il viaggio di ritorno predisse la sua morte imminente. Una febbretta di quattro o cinque giorni lo ridusse agli estremi. Ricevuti i santi sacramenti ed esortati i confratelli all'osservanza della Regola si addormentò nel Signore il 24 gennaio 1489.
Il suo Provinciale, P. Bernardino, fece seppellire la sua venerata salma nel convento di Cropani, dove incominciò il culto dei fedeli. (1)
Soppresso questo convento da Innocenzo X nel 1622, il corpo del beato nel 1653 fu trasportato nella Chiesa maggiore, dove continua ad essere venerato come quando riposava nella Chiesa del1'Ordine. (2)

(1) Bordoni: Opera Omnia, vol IV, 136.
(2) Bordoni: Historia T.O. , 404.

14. BIOGRAFIA " IL BEATO PAOLO D'AMBROSIO (1432 - 1489) " di PADRE GIOVANNI PARISI (1968)

P. GIOVANNI PARISI, Florilegio serafico del Terz'Ordine Regolare di S. Francesco. S. Lucia del Mela 1968, pp.127-148.

Nacque, questo nostro Beato, nella ridente cittadina di Cropani, in provincia di Catanzaro, il 24 gennaio 1432, dall'antica e modesta famiglia degli Ambrosi, oggi completamente estinta. La fortunata cittadina, che gli è grandemente devota e venera con solennità e sentita gratitudine le sue reliquie, sorge su un'amena e pittoresca collina ricca di verde e di oliveti e domina la lussureggiante e tortuosa vallata del Crocchia, l'immensa distesa della marina e l'ampio golfo di Squillace.
Fin della prima fanciullezza e prima ancora di raggiungere 1'uso di ragione, come asserisce il P. Fiore (2) e come si legge anche in un manoscritto del P. Giovanni Mercurio, ambedue cappuccini, il grazioso pargoletto, che al fonte battesimale ebbe il nome di Paolo, diede visibili segni della sua futura santità, mostrandosi già adulto assennato, modesto e virtuoso tanto che di quell'età, come bellamente si esprime il predetto P. Fiore, altro non ebbe che il tempo. L'indole buona e disciplinata fece ben presto del nostro Paolo un giovane modello, il quale, mentre era d'incitamento e d'esempio ai suoi coetanei, si andava sempre più avanzando nelle vie del bene mercé la vigile ed accurata educazione che riceveva dai suoi pii e santi genitori. Essi, tutti amore per il loro figliuolo, benché poveri, come vuole la tradizione cropanese, nulla tralasciarono per bene educarlo sia nel campo delle lettere come in quello dei buoni costumi. Come e quanto il pio giovane facesse tesoro di questi sani e cristiani intenti lo dimostrano la serietà del suo agire, le conversazioni sempre gravi, mai fanciullesche e inutili, e per lo più con persone assennate e timorate di Dio. Il Signore, tra gli altri non comuni doni, aveva elargito al nostro giovane un ingegno brillante e pronto a percepire anche le cose più difficili alla sua età, e fu ciò che maggiormente spinse i virtuosi genitori ad avviarlo con grave loro sacrificio alla carriera degli studi. All'acutezza dell'ingegno e alla ferma volontà di progredire negli studi intrapresi, Paolo accoppiava la tenace resistenza a tutto ciò che poteva avere l'ombra del peccato e il fermo proposito di corrispondere sempre più generosamente ai richiami della divina grazia che lo invitavano a una vita sempre più perfetta. Ed era così avanti nell'esercizio di ogni virtù da meritare dai suoi compaesani, e da quanti ebbero la ventura di conoscerlo ed avere con lui familiarità, il bel titolo di Angelo. L'ubbidienza, l'umiltà, la purezza dei costumi infioravano in modo straordinario la sua vita e gli creavano d'intorno un'atmosfera di riverenza e un fascino di celestiale attrattiva.
Il segreto di tanto progresso spirituale era la preghiera umile e quasi continua. L'angelico giovane ne comprese tutta la necessità ed importanza, di modo che la sua mente e il suo cuore erano continuamente rivolti a Dio utilizzando in ciò, sia in casa che fuori, ogni ritaglio di tempo libero. La devozione alla Vergine, l'amore ardente a Gesù nel Sacramento dell'Eucaristia, indispensabili ad ogni anima pia che voglia progredire nella virtù, dovettero essere per lui anche il conforto più grande ed efficace nei momenti di angustia, di assalti del nemico d'ogni bene, e la forza per superare le tentazioni e quanto poteva anche minimamente offuscare 1'innocenza angelica della sua anima.
Giunse finalmente per il fortunato giovane l'ora in cui Dio si benignava strapparlo dalle insidie e dai pericoli del mondo trapiantandolo, come pianta amorevolmente scelta, nel giardino ubertoso e profumato del nostroTerz'Ordine Regolare, che proprio in quel tempo, anche nelle Calabrie, viveva un periodo di grande fervore religioso e di vera rinascita spirituale.
Fiorenti comunità di anime assetate di religiosa perfezione erano infatti sorte, proprio in quegli anni, in varie località di quella regione. Così, per limitarci alla sola Calabria, nel cui ambito Cropani si trovava, nel 1433 a Belcastro era stato fondato il convento dello Spirito Santo; nel 1439, ad opera del P. Biagio Margioni, era stato aperto quello di S. Francesco ad Oriolo; un terzo, quello di S. Maria delle Grazie, nel 1440 era stato fondato dallo stesso P. Margioni in Bisignano; un altro ancora, sotto l'invocazione di S. Nicolò, nel 1441 era stato eretto in Belvedere; nel medesimo anno 1441, o in quello precedente, come vuole qualche scrittore, un altro ancora, dedicato al SS. Salvatore, ne era stato fondato presso la stessa cittadina di Cropani, la fortunata patria del nostro Beato.
La fondazione, quasi contemporanea, di tutti questi conventi ci dice in modo chiaro quale santo fervore animasse allora i Terziari Regolari anche in Calabria, dove già, seguendo il nuovo orientamento dell'Ordine, si cercava di abbandonare la vita eremitica e fondare conventi nei luoghi abitati. Infatti il nominato P. Margioni, infaticabile e zelante apostolo calabrese, si era a tal fine recato personalmente a Firenze verso il 1439 e aveva ottenuto da Papa Eugenio IV una Bolla in cui gli si concedeva di fondare conventi non più in luoghi solitari e segregati dal consorzio umano, come fino allora si era usato, ma addirittura nelle città. Pochi anni dopo tale importante concessione pontificia e solo tre anni prima che entrasse nell'Ordine il nostro Beato, cioè nel 1447, Nicola V, con la sua Bolla Pastoralis officii del 20 luglio, veniva a coronare il lento e faticoso cammino verso lo stato regolare compiuto in oltre due secoli di vita dal Terz'Ordine, fino allora essenzialmente eremitico ed ospedaliero. In virtù di tale storica Bolla, i religiosi che in esso militavano, potevano ormai riunirsi tutti sotto un unico e medesimo Ministro Generale, da essi stessi eletto, adattarsi un proprio abito religioso che li distinguesse dai semplici eremiti, che tanti ne restavano ancora sparsi per la Penisola, e formularsi apposite regole e costituzioni, che dessero una ben precisa fisionomia e una salda strutturazione al sacro Istituto ormai gerarchicamente organizzato.
Era quindi naturale che il nostro Paolo, dovendo entrare in qualche Istituto religioso, si orientasse verso il nostro Terz'Ordine Regolare, che tanta ricchezza di spiritualità proprio in quegli anni mostrava. II passo decisivo egli lo fece il 20 marzo 1450 quando contava diciotto anni di vita. E' questa 1'età esuberante, infiorata di dolci speranze, di sogni dorati, in cui tutto sembra sorridere, mentre la fantasia si culla nell'accarezzare mete lontane, che appaiono sublimi ed affascinanti, e che il più delle volte nascondono le più amare delusioni.
Paolo, dunque, dà un addio al secolo e si chiude per sempre tra le sacre mura del convento del SS. Salvatore, che pochi anni prima, come abbiamo già accennato, i Padri del Terz'Ordine avevano fondato fuori le mura di Cropani (3), indossando con santo entusiasmo il sacro abito della penitenza per dare subito inizio all'anno di noviziato come chierico destinato al sacerdozio. In tal modo egli trionfava definitivamente sul mondo, che tanto aveva lottato per averlo, e poteva ormai camminare a passi da gigante nella pratica di quelle virtù che tanto eroicamente aveva cercato di acquistare stando ancora nel secolo. Quali santi propositi non avrà egli fatto varcando la soglia di quelle sacre mura che lo accoglievano come novizio, nel coprirsi del ruvido saio francescano, nell'abbracciare un tenore di vita che, specie allora, era quanto mai rigido ed austero! In questa nuova palestra d'ogni virtù, il giovane novizio, aiutato dal lavorio interiore della divina grazia, si sentiva ardere di giorno in giorno sempre più di amore verso le cose celesti e dal desiderio di raggiungere le più alte vette della religiosa perfezione. Il silenzio profondo, 1'astinenza rigorosa, la frequenza agli atti di comunità, e soprattutto l'umiltà negli esercizi più bassi erano per il nostro Beato cosa ordinaria tanto da diventare nel chiostro ben presto, nonostante che fosse giovanissimo e ancora agli inizi della vita religiosa, edificante ed esemplare modello di ogni virtù anche per i confratelli più provetti.
Durante il corso degli studi filosofici e teologici, compiuti con grande impegno, il giovane chierico proseguì con crescente alacrità nella pratica delle più sode virtù religiose, rendendo sempre più rigido l'aspro tenore di vita intrapreso e coltivando un cosi basso concetto di sé da non credersi neppure degno, a guisa del Patriarca S. Francesco, di ascendere al sacerdozio. Ma il voto della santa obbedienza, che aveva solennemente promesso di osservare per tutta la sua vita, gli impone di non rifiutarsi ai divini voleri e cosi, nel 1458, col candore nell'animo e con la certezza di servire meglio il Signore nella qualità di suo ministro, si sottomette docilmente alla volontà dei suoi Superiori ed è sacerdote per sempre.
Elevato alle incomparabili altezze del sacerdozio, Paolo sale ogni giorno, con commossa devozione, l'altare per offrire a Dio il santo sacrificio. Il suo cuore, staccato da ogni umana creatura, arde sempre più di amore per il suo divino Redentore e per unirsi più intimamente a Lui vorrebbe vivere in una completa solitudine e attendere unicamente alla preghiera e alla contemplazione dei divini misteri, ma i suoi confratelli, che ben conoscono le sue rare virtù e le singolari doti del suo animo, lo eleggono Superiore del convento.
In questo suo nuovo ufficio i1 P. Paolo si studia di rendersi tutto a tutti e modello d'ogni virtù, diventando oggetto di ammirazione tra i religiosi per la scrupolosa puntualità agli atti comuni, lo zelo della regolare osservanza e la paterna bontà che mostra verso i suoi sudditi. La fama della sua straordinaria santità non tardò a diffondersi anche nei paesi vicini, sicché gente d'ogni ceto e condizione cominciò ad affluire da ogni parte al convento del SS. Salvatore, tutti in cerca del P. Paolo per avere da lui consiglio nei dubbi e nelle ansietà di spirito e soprattutto conforto nelle molteplici angustie e traversie della vita.
II Servo di Dio, come usano sempre i Santi, tutti ascolta con ammirabile pazienza e carità ed ha per ciascuno una parola di conforto e di paterna esortazione che scende a lenire 1'animo esulcerato. Non vi è alcuno -riferiscono i suoi biografi - che si rechi da lui preoccupato o triste e non se ne parta in qualche modo consolato. Non di raro il Signore stesso si compiace di rendere manifesta la santità del suo Servo col dargli il dono della scrutazione dei cuori, sicché alle volte, prima ancora che gli si apra il proprio interno o che si proferisca parola sullo scopo della propria venuta, egli conosce perfettamente ogni cosa e dà senz'altro gli opportuni rimedi e consigli a seconda dei bisogni di chi ha fatto a lui ricorso.
Mentre il P. Paolo era Superiore nel predetto convento del SS. Salvatore un fatto straordinario raccontato dai suoi biografi e dallo stesso nostro P. Bordoni (4) , contribuì grandemente a rendere sempre più nota la sua santità. Si apportavano dei necessari restauri a una parte del fabbricato quando i muratori, intenti a sistemare una grossa trave su due muri, riscontrarono che era troppo corta tanto che poggiata sopra una parete non arrivava a toccar l'altra. Chiamano il P. Paolo, che in quel momento era in preghiera, e gli dicono che, essendo quella trave troppo corta, occorreva procurarne un'altra adatta allo scopo. "Provate di nuovo - risponde il Beato - a ricollocarla sulle due pareti". I muratori, quantunque sapessero che non arrivava, la provarono di nuovo tanto per accontentarlo. Ma grande fu la loro meraviglia quando riscontrarono che essa era realmente della lunghezza richiesta.
Di fronte a tanto prodigio i muratori e quanti erano presenti si fecero un gran concetto dei meriti e della santità del Servo di Dio, il quale, con la sua preghiera, aveva allungato una trave secca e stagionata quanto era necessario allo scopo.
Per i1 grande accorrere di fedeli e di devoti il convento, quantunque solitario, cominciò a rendersi poco adatto al raccoglimento e alla contemplazione, a cui ardentemente aveva sempre aspirato il Servo di Dio. La sua santità, ormai conosciuta, richiama troppa gente perché egli passa vivere nascosto nella bramata solitudine, e ottiene dai suoi Superiori di potersi trasferire nel solitario convento di S. Maria dello Spirito Santo, in una contrada chiamata Scavigna, tra Cropani e Belcastro, convento abbandonato dai religiosi del Terz'Ordine nel 1652 (5) ed oggi caduto in completa rovina. In questo luogo del tutto solitario e lontano dal consorzio umano il P. Paolo passa gran parte della sua vita religiosa tutto dedito alla mortificazione, alla penitenza e alla contemplazione più profonda. Lo spettacolo della natura, che lo circonda, lo aiuta potentemente ad elevarsi fino a Dio, e, come un tempo il suo Serafico Padre S. Francesco, egli gode nell'unire gli slanci del suo cuore e le misteriose ascensioni del suo spirito al canto degli uccelli e all'inno incessante che le creature tutte, nel loro muto linguaggio, innalzano al loro Creatore. Da questa sua solitudine egli non esce che assai raramente e soltanto per dovere d'ufficio o quando il bene delle anime glielo impone essendo egli anche in Scavigna Superiore del convento e richiesto alle volte nei dintorni per ragione di sacra predicazione. Il P. Bordoni dice, infatti, di lui che era potente con la parola e con le opere e che molte anime, al sentirlo predicare, abbandonavano il vizio e si davano a Dio.
Fu probabilmente durante il tempo che il Servo di Dio visse in Scavigna che si verificò un episodio, il quale dimostra, tra tanti altri, come fosse in lui ordinario lo spirito di profezia e di chiaroveggenza. Aveva egli consegnato a sua madre, che era andata a trovarlo nel suo convento, alcune sue coserelle per distribuirle ai poveri. Da questi ella ricevette, in segno di gratitudine e come in cambio, tre uova, che credette bene di portare a questo suo figlio Paolo. Ma prima ancora di dargliele il Servo di Dio, che per interna ispirazione conosceva già come avesse avuto quelle uova, cominciò a riprenderla e le ingiunse di restituirle ai poveri, dai quali nulla avrebbe dovuto accettare.
Il P. Paolo lavorò anche molto per la dilatazione e consolidamento dell'Ordine in Calabria; sappiamo, infatti, che nel 1477, insieme a due altri Padri della Provincia, Bernardino Nigra e Ludovico Di Marco, si adoperò per la fondazione del convento di S. Maria di Loreto nella cittadina di Terranova, ora non più esistente e soppresso anch'esso nel 1652.
Rimasto per tanti anni nascosto, a guisa degli antichi anacoreti, nella solitudine di Scavigna, volle finalmente il Signore, essendo anche prossima la sua fine, far conoscere al mondo la sua straordinaria santità. Correva l'anno 1488 e il nostro Paolo è costretto a recarsi col P. Bernardino da Bisignano, allora Ministro Provinciale, al Capitolo Generale, che il 25 aprile di quell'anno si celebrava in Lombardia nel convento di S. Maria di Pizzighettone in Montebello, essendo stato eletto per suo compagno.
Lascia, dunque, il nostro Beato, il prediletto convento e in compagnia del suo P. Provinciale intraprende il lungo e faticoso viaggio. In Roma, ove i due viaggiatori fecero sosta, celebrando il P. Paolo col suo solito fervore il santo sacrificio nella chiesa di S. Maria della Consolazione, dopo la consacrazione, al Memento dei morti, mentre era tutto raccolto e immobile sull'altare, una nube misteriosa, come se fosse discesa dal cielo, lo avvolge in tutta la persona nascondendolo a lungo agli occhi attoniti dei fedeli, che si trovano presenti ad assistere alla Messa.
Al termine del sacro rito, il suddetto Provinciale P. Bernardino, del quale il P. Paolo era compagno di viaggio, gli domanda come mai, contrariamente al suo solito, si fosse fermato tanto tempo nel fare il Memento dei morti. Ma il Servo di Dio, mostrandosi più che mai reticente, non voleva dire il vero motivo e adduceva il pretesto che molti erano i defunti da ricordare in modo particolare. E i1 P. Provinciale, insistendo: "Sai - gli disse - che parecchi si sono accorti che il tuo volto era tramutato come se qualche cosa di assai doloroso ti fosse in quel momento accaduto e non pochi dei presenti sono anti rimasti meravigliati e altri forse anche scandalizzati?".
Il Servo di Dio, messo in tal modo alle strette dal suo Superiore, manifesta candidamente, nel mentre che si scioglieva in lacrime, come in quel momento il Signore si era compiaciuto di rivelargli che in Cropani moriva proprio allora suo padre e che quindi era stato ben giusto e per lui anche doveroso dargli 1'ultimo abbraccio e recitargli un Requiem.
Questo singolare prodigio di bilocazione, di cui ci fanno fede i suoi biografi, che i1 Signore, nella sua infinita potenza ha voluto concedere al nostro Beato, come pure l'ha concesso a S. Antonio di Padova mentre predicava e ad altri Santi della Chiesa, colmò di tenera commozione i fedeli, che ne furono spettatori e che ne furono messi a parte dallo stesso P. Bernardino.
Dopo la celebrazione del Capitolo Generale, in cui venne eletto a supremo moderatore dell'Ordine il P. Bernardo Settagni da Crema, religioso di grande pietà e prudenza, il Servo di Dio, prima di rientrare nel suo amato convento di Scavigna, in Calabria, per riprendere con rinnovato fervore la sua vita di penitenza e di preghiera, ottiene di potere visitare alcuni importanti santuari, quali quello dell'Averna, di Assisi e della Santa Casa di Loreto. Viaggiando poi verso Scavigna predice al fratello, che lo accompagna, la sua prossima fine.
Quando, nei primi del 1489, rientrò nel suo convento, fu un accorrere di fedeli e di devoti, felici di riaverlo finalmente in mezzo a loro, e tra questi fu particolarmente lieta di riabbracciarlo la sua cara e vecchia madre, ancora vivente. La gioia dell'umile donna fu immensa e molto godeva nel sentire raccontare dal figlio le meraviglie da lui visitate in quei tempi in cui era sempre una non comune avventura compiere viaggi sì lunghi.
Ben presto però tanta gioia si tramutò per lei in profondo cordoglio per averle il Servo di Dio rivelato che presto sarebbe passato di vita e che quindi quella era 1'ultima volta che in terra si vedevano. Soggiunse però subito, per consolarla, che tra non molto si sarebbero nuovamente riuniti in cielo.
Si ritirò poi nella sua amata solitudine per prepararsi come meglio gli era possibile al supremo passaggio, che il Signore gli aveva concesso di conoscere prima del tempo. Avvicinandosi l'ora estrema per una febbre, che lo travaglia per quattro o cinque giorni, chiede egli stesso che gli vengano amministrati gli ultimi Sacramenti, si raccomanda alle preghiere dei confratelli, che addolorati gli fanno corona d'intorno, e che, esortatili a perseverare nella regolare osservanza, benedice paternamente. Atteggiate poi le labbra a un dolce sorriso come se una visione angelica fosse apparsa a consolarlo, se ne volò serenamente al cielo in data del 24 gennaio 1489. Aveva 57 anni di età, dei quali 39 passati in religione.
Trionfali furono le esequie anche per i non pochi prodigi che in tale occasione ebbero luogo. Il popolo, che ha avuto la sorte di avere avuto un uomo come il nostro Beato, che per tutta la sua vita ha profuso favori d'ogni genere, che è stato per esso un parafulmine nello scongiurare con le sue virtù i divini castighi, e che è stato inestimabile consolatore e consigliere delle anime, nell'ora dolorosa, in cui viene rapito dalla morte, è naturale che non sappia contenere l'impeto della sua devota riconoscenza. Cropani diede lo spettacolo di una devozione senza pari allorquando si sparse la notizia della morte del suo grande concittadino e benefattore. Da Cropani, da Belcastro e da tutti i dintorni fu un accorrere di gente d'ogni ceto e condizione, desiderosa di rimanere a contemplare per l'ultima volta le amate sembianze.
In occasione della sua morte e delle sue esequie si verificarono, come abbiamo detto, non poche grazie e fatti prodigiosi, raccolti, come asserisce il P. Bordoni, dal predetto Provinciale P. Bernardino, che ne fu testimone oculare e che quindi è in tutto degno di fede.
Prima di lasciare la sua spoglia mortale il P. Paolo aveva espresso ai suoi religiosi il desiderio che subito dopo la morte venisse trasportato e inumato nel convento del Salvatore, presso Cropani, affinché riposasse defunto dove vivo aveva avuto la grazia d'essere ricevuto nell'Ordine e di professare il sacro Istituto, e anche perché prevedeva non lontana, come difatti poi avvenne, la rovina del convento di Scavigna.
Quando si sparse in Cropani la notizia della morte del Beato e, soprattutto, che i suoi resti mortali, per espressa sua volontà, dovevano essere trasportati e custoditi in questa sua città natale, e ciò nonostante che il Vescovo e il Clero della vicina Belcastro li desiderassero e avessero fatto del tutto per averli nella loro Cattedrale, una cassa si fece subito lavorare in vista di tesoro sì prezioso, foderata nell'interno di apposito drappo per riporvi il sacro corpo; e tutto il popolo, con a capo il Rev.mo Capitolo, il Clero Secolare e Regolare e le autorità cittadine, si avviò alla volta del convento di Scavigna. Quivi arrivati videro tutti che la cassa, fatta in tutta fretta e senza misura, non era adatta e, non sapendo come rimediarvi in un luogo cosi distante da Cropani, si era in grande confusione. In tale frangente non restò che rivolgersi con fiducia al Beato, e con stupore generale la cassa si vide prodigiosamente allungata e allargata tanto da potervi comodamente entrare il cadavere.
A siffatto prodigio è tradizione che un altro ne seguisse: i portatori, durante il lungo e disagiato cammino di circa quattro miglia per viottoli impervi e in aperta campagna, non solo non avvertirono la minima stanchezza ma ebbero la sensazione che la cassa fosse addirittura vuota fino a dubitare che i religiosi li avessero voluto ingannare trattenendo in Scavigna il sacro corpo. Solo quando si giunse al convento del SS. Salvatore e venne aperta la cassa si convinsero che la straordinaria leggerezza era stata del tutto prodigiosa.
Quel che pero rese ancor più visibile la santità de Servo di Dio fu il fatto che il benedetto cadavere, scoperto e lasciato per diversi giorni esposto al fine di soddisfare la grande devozione del popolo, che ininterrottamente vi accorreva da tutte le parti, di pallido ed estenuato che era per le penitenze e le continue mortificazioni praticate, fu osservato da tutti colorito, fresco e vegeto come di uomo che dormisse, e in più lo si vide, con stupore generale, emanare un sudore profumato e in tanta copia che molti ne inzupparono pezzuole e fazzoletti, coi quali si verificarono in seguito prodigi e guarigioni miracolose. Così, tra gli altri, un certo Mario Biondo di Misuraca, professore in lettere, che fu anche lui presente alle esequie del Servo di Dio, toccando un giorno la figlia agonizzante, nel mentre che con fiducia si raccomandava al Beato, col fazzoletto inzuppato un tempo del sudore di quel sacro corpo, ebbe la straordinaria consolazione di vedersela prodigiosamente guarita.
Attorno al feretro, rimasto per più giorni esposto al pubblico, fu un continuo spettacolo di pietà e di filiale tenerezza. Molti devoti non si contentavano di contemplare le venerate sembianze, ma facevano di tutto per avere qualche sua reliquia, specie dell'abito. Fu così che si passò a tagliuzzare gli indumenti che lo ricoprivano tanto che per ben due volte gli si dovettero rinnovare. Quando fu possibile dargli sepoltura, il sacro corpo venne devotamente riposto sotto l'altare maggiore della stessa chiesa del SS. Salvatore dei Padri del Terz'Ordine Regolare, accompagnando tutti la mesta cerimonia con lacrime e il Signore con numerosi prodigi (6).
Anche dopo la morte, specie nei primi anni, numerosi prodigi e guarigioni miracolose furono eloquente testimonianza della santità del Servo di Dio.
Un certo Francesco da Cropani, incapace a camminare per essere stato colpito da un sasso a un ginocchio e non riuscendo a guarire per quante cure facesse, si rivolge con fede al Servo di Dio ed immantinente si vede guarito.
Un vecchio, un certo Gian Paolo da Cropani, infermo da non potersi muovere e mostruosamente gibboso, si fa portare al sepolcro del Beato e di subito guarisce.
Crescenzio di Marco, del tutto sordo, riacquista l'udito col solo visitare il suo corpo.
Anche la città di Belcastro. che verso il Beato ha nutrito sempre una tenera devozione, ha visto tangibili segni della sua celeste protezione. Vi era colà una signora per nome D. Ilaria affetta da gravissima malattia per essere, insieme ad un suo figliuolo, tutta coperta di nere e fetide pustole. A nulla erano valsi i molti rimedi consigliati dai medici. Il 24 dicembre del 1490 si rivolse con fiducia al Beato e subito essa e il figlio riacquistarono la salute perduta.
Nella medesima Belcastro il diacono D. Dionigi nel 1494 viene liberato da un acutissimo dolore che lo tormentava in tutta la persona.
La città di Crotone ebbe a sperimentare l'efficacia della protezione del Beato. Una certa D. Armenia, dalle mani paralizzate, nel dicembre del 1491 ne riacquista l'uso in seguito a un voto fatto in onore del Beato. La stessa, nel dicembre del 1493, ottiene la guarigione del figlio, zoppo da molto tempo.
D. Florina di Misuraca, che aveva un labbro enormemente tumefatto e orribile a vedersi, non trovando alcun rimedio, nel dicembre del 1490 si passa sopra con fiducia un pezzetto di abito del Beato e subito il tumore scompare.
A conferma di queste e di numerose altre grazie, che il Beato in ogni tempo ha concesso e che qui omettiamo di riportare per amore di brevità, contro alcuni scettici e ipercritici, che ne disturbavano il culto e il fiducioso ricorso dei fedeli nei loro bisogni, il P. Alfonso Barchio dello stesso nostro Terz'Ordine Regolare, Commissario della religiosa Provincia di Calabria e cittadino cropanese, uomo pio e prudente, come lo dice il P. Bordoni, portandosi in Roma espose il caso increscioso alla S. Sede e con decreto del 12 gennaio 1562, rilasciatogli dal Vescovo Flavio Orsini, Uditore Generale di S. Santità Pio IV e Giudice Ordinario della Curia Romana, e sottoscritto dal Notaio D. Cesare Quintilio, ottenne che venisse lanciata la scomunica e severe sanzioni a quanti continuassero a disturbare ed impedire la pubblica venerazione delle sacre Ossa del B. Paolo D' Ambrosio da Cropani, site nella cappella del SS. Salvatore (7) .
Questo importante documento pontificio veniva così a stroncare in tempo 1'ignobile campagna di alcuni malevoli, che, mossi probabilmente da invidia, blateravano contro il culto pubblico che veniva prestato al Beato e il conseguente profluvio di grazie che egli elargiva dal cielo ai suoi devoti.
Quantunque la chiesa del SS. Salvatore fosse assai fuori dell'abitato, essendo a circa un chilometro da Cropani, pure il concorso dei fedeli, che vi si recavano per pregare dinanzi alle reliquie del Beato, custodite in una urna dorata e con cristalli per renderle visibili, era continuo.
Incoraggiati dalle molte offerte e soprattutto dal gran numero di grazie e guarigioni miracolose, che i fedeli ottenevano da Dio per intercessione del Beato, i Padri del Terz'Ordine decisero finalmente di abbandonare il loro convento del SS. Salvatore, troppo staccato dal paese e quindi assai incomodo per la cura dei religiosi infermi e il disimpegno del sacro ministero, e di trasferirsi, insieme con le preziose reliquie, nel nuovo loro convento di S. Maria delle Grazie, che con annessa chiesa avevano costruito in luogo più comodo e più vicino al paese. Il decreto pontificio di potervisi trasferire essi 1'avevano già avuto da Sisto IV, sotto la data del 23 marzo 1476, vivente ancora il Beato Paolo, ma il passaggio definitivo, forse per non aver potuto ultimare la fabbrica prima di allora, avvenne solo nel 1622.
La traslazione delle preziose reliquie ebbe luogo con grande solennità e con la partecipazione del Clero e di tutta la popolazione ad opera principalmente del Superiore del convento, che era allora il P. Francesco Speranza, già Ministro Provinciale della religiosa Provincia di Calabria. Il pacifico svolgimento del culto in onore del Beato era ormai assicurato anche per virtù del suaccennato decreto pontificio ottenuto dal P. Barchio. Le reliquie si solevano esporre in chiesa alla pubblica venerazione dei fedeli e il 25 gennaio d'ogni anno, data della morte, come pure in vista di pubbliche calamità, si portavano processionalmente con grande concorso di popolo per le vie della città.
Anche dalla nuova dimora il Beato continuò, con segnalati favori, a proteggere la sua diletta patria. Così nel 1625, allorché tutte le campagne del cropanese, per una persistente siccità, che durava ormai da otto mesi, erano cosi aride da compromettere irreparabilmente il raccolto dell'annata. Non mancarono preghiere e penitenze solite a farsi in simili pubbliche calamità, ma il cielo continuava ad essere di bronzo e una tremenda carestia si profilava.
I Padri del Terz'Ordine, quando ogni speranza poteva considerarsi svanita, presero la risoluzione di portare in processione di penitenza per le vie del paese le reliquie de Beato. La processione riuscì imponente per l'intervento di tutti gli abitanti, animati da gran fede di ottenere dal loro celeste Protettore la sospirata grazia.
Giunti alla Collegiata, mentre si cantavano le litanie dei Santi, il cielo, da limpido che era, si coprì repentinamente di nubi foriere di abbondante pioggia. Dopo il canto delle litanie non fu possibile continuare la processione per le altre vie della città a causa di una leggera pioggia che non accennava a cessare. Non essendo però sufficiente l'acqua per le arse campagne, il giorno seguente 13 aprile, che cadeva in giorno di domenica, le Autorità civili di Cropani scongiurarono il Superiore del convento a voler esporre il SS. Sacramento, affinché il Signore si benignasse compiere la grazia incominciata per i grandi meriti del Beato. Il Superiore volentieri venne incontro al comune desiderio. Il Clero intervenne con tutto il popolo e una Messa solenne fu celebrata per ottenere la sospirata grazia.
Mirabile a dirsi! Non erano terminate ancora le sacre funzioni che già il cielo cominciò a versare pioggia così abbondante che le campagne ne furono ristorate e abbondanti raccolti diedero in quell'anno.
Così, in mezzo a prodigi e grazie continue, il culto del Beato andava sempre più crescendo quando per la Bolla di Innocenzo X anche il convento di S. Maria delle Grazie nel 1652 venne soppresso (8) .
Nel lasciare questo loro convento i Padri del Terzo Ordine avrebbero voluto portare con sé i preziosi resti del Beato, ma la cittadinanza non lo avrebbe certo permesso, per cui sorge vivo contrasto tra i Padri Cappuccini e i Frati Minori, che avevano i loro conventi in Cropani: chi di loro ne doveva entrare in possesso? Per stroncare ogni litigio, a seguito di una solenne processione con la partecipazione di due Compagnie militari di 150 soldati ciascuna, nel mentre che si era nella chiesa di S. Maria delle Grazie, i soldati stessi s'impossessarono con tanta destrezza dell'Urna delle reliquie che nessuno dei pretendenti ardì farsi avanti e così il sacro deposito venne processionalmente portato in Collegiata.
Non si faceva la processione, come abbiamo detto, solo nel giorno dedicato al Beato, ma in ogni pubblica necessità, particolarmente in occasione di mancanza di pioggia e con tanta efficacia che alle volte la processione era costretta a fermarsi in altre chiese, lungo il tragitto, non potendo più oltre proseguire per la pioggia dirotta. D'ordinario però 1'acqua cominciava al rientro della processione.
Nel 1705 dopo la processione un fatto sorprendente avvenne: due donne osservarono che il colore del volto della statua (9) si era annerito e sudava. Ne diedero subito avviso all'Arciprete e tutti constatarono i1 fatto. La chiesa si gremì di gente. Il P. Serafino Pecchia di Napoli, carmelitano scalzo, che predicava il Quaresimale, parlò in tale circostanza con tale veemenza dal pergamo che scosse i cuori più duri. Tra gli altri un tale Antonio Pucci confessò ad alta voce in pubblico che era andato appresso alla processione per avere a tiro un certo Gioacchino Bruno e ucciderlo per averlo giorni prima ferito. Quindi tirò fuori il pugnale e lo spezzò dinanzi alla statua.
In seguito a siffatti prodigi la devozione verso il Beato crebbe molto e si pensò di erigere nella Collegiata una cappella in suo onore, ma non si veniva a conclusione per la grossa spesa da affrontare. Si ricordò un devoto d'una grazia che a lui aveva concesso il Beato. Aveva egli la madre inferma, la quale, quantunque non giudicata in pericolo di vita dai medici, pure chiese di confessarsi e avere i1 Viatico. Il figlio si oppose perche non lo considerava necessario. La mattina seguente l'inferma perdette la parola e i sensi, né vi fu più speranza essendo entrata in agonia. Questo suo figlio si portò subito in chiesa, vi fece celebrare una Messa e mentre l'andava ascoltando pregava il Beato a concedergli la grazia che la madre potesse ricevere almeno i Sacramenti. Pregava ancora quando un servo gli venne a riferire che la madre aveva ripreso i sensi e la parola e che chiedeva con insistenza i santi Sacramenti. Chiedeva anche che le si portasse presso il letto un quadro coll'immagine del Beato che teneva in casa. Ricevuti i Sacramenti spirò serenamente.
Ora fu appunto questo devoto che volle fare a sue spese la cappella, alla sola condizione che una delle chiavi, dove si racchiudeva il santo deposito, avesse a stare presso di lui.
A questa nuova cappella la gente concorreva numerosa e molti non si partivano se non prima avessero ottenute le grazie che chiedevano (10) .
L'autore del citato manoscritto passa a riferire qualche altra guarigione miracolosa avvenuta in tempi più recenti.
Una tale Lucrezia Baldini di Cropani, moglie di Antonio Perotti, nel 1700 veniva da più tempo tormentata da acerbissimi dolori cagionati da un gonfiore a un ginocchio, che le impediva di stare in piedi. Si fece condurre alla cappella del Beato e avendo unto il ginocchio con l'olio d'una delle lampade, che continuamente ardeva davanti al suo altare, perfettamente guarì e se ne tornò sana a casa.
Un bambino di cinque o sei anni per nome Sebastiano, figlio di Tommaso Ferraro di Cropani, ricevette un calcio così violento che internamente produsse guasto tale che a giudizio dei medici non era possibile che sopravvivesse. La povera madre, sentendo tale tremendo giudizio, non disperò. Corse subito con grande fiducia alla cappella del Beato e con molte lacrime lo pregò per la salvezza del figlio. Prese poi dell'olio della lampada e unse il capo del piccolo moribondo. L'osso del collo che si era abbassato nel ricevere il colpo, ritornò al suo posto e il bambino in breve guarì.
Nella città di Catanzaro un certo Tommaso Bianchi, tessitore di damaschi, ammalatosi, si ridusse in fin di vita e fu liquidato ormai dai medici. Una sua cognata, Isabella Gronda, cercava di consolare i familiari piangenti e riferì come stando in Cropani molte guarigioni si ottenevano coll'olio della lampada del Beato. Bastò questo perche un fratello dell'infermo si recasse subito a Cropani e prendesse un po' di tale olio non senza aver fervidamente pregato nella cappella del Beato.
Tornato in Catanzaro trovò il fratello destituito dei sensi e ciò nonostante fu unto con grande fiducia con quell'olio. Dopo qualche istante il moribondo aprì gli occhi come se si svegliasse da un sonno profondo, meravigliandosi di quanto accadeva attorno a lui. II Parroco, D. Domenico La Manna, credette in sulle prime che fosse una tentazione e gettò dell'acqua benedetta, ma l'infermo disse d'aver veduto un frate francescano pregare per lui e che a sua intercessione il Signore gli ha ridato la salute. Gli raccontarono allora come si era corsi a Cropani per l'olio e che quindi tale frate non poteva essere altri che il Beato Paolo.
Anche nel 1867 una certa Elisabetta Corabi, del fu Luigi e di Vittoria Bitelli di Cropani, depone che il fratello Carlo cadde gravemente infermo e, ridottosi in punto di morte, riacquistò la guarigione non appena la madre lo unse con un po' di cotone intinto nell'olio della lampada del Beato.
Dopo quanto è stato fin qui detto, sia pure in modo cosi breve e conciso intorno alla vita e ai fatti prodigiosi del nostro Beato, è lecito concludere che veramente fortunata è la cittadina di Cropani nell'avere in cielo un tanto protettore.

NOTE
(1) Bibliografia:
a) Atti del processo di beatificazione, Archivio della Curia Gen.le dcl T.O.R.
b) Vita e miracoli del Beato Paolo. Manoscritto trovato nel 1832 e conservato coi predetti Atti del processo.
c) Vita e miracoli del Beato Paolo nel volume manoscritto del P. Francesco Bordoni Sacrum Sillabarium de Sanctorum, Beatorum, Servorum Dei, ecc., Archivio della Curia Generale T.O.R.
d) Vita del Beato Paolo d'Ambrosio da Cropani, del P. Remigio da Cropani.
(2) Cfr. P. Giovanni Fiore, Calabria Illustrata. Tom. II, cap. III.
(3) Questo convento era sito nella località donata dal ricco signore Pietro Massaro, che ivi volle finire i suoi giorni, lasciandovi in eredità tutti i suoi beni. Fu fondato da un certo P. Pietro Pedace proveniente da Bisignano. Sotto Sisto IV i religiosi ottennero di poterlo abbandonare e trasferirsi in quello di S. Maria delle Grazie più comodo e più vicino al paese.
(4) Cfr. P. Fr. Bordoni: Sacrum Sillabarium de vitis Sanctorum.
(5) In tale anno venne soppresso insieme a molti altri conventi dell'Ordine per il decreto di Innocenzo X sui conventini.
(6) Questi particolari sono in gran parte desunti dalla vita manoscritta, che si trova nel fascicolo degli Atti del processo.
(7) II P. Bordoni riferisce, nel citato suo Sacrum Sillabarium, di avere questo importante documento presso di sè, proveniente con gli altri Atti dal soppresso convento del SS. Salvatore.
(8) Nel seguente anno 1653 le rendite del soppresso convento furono divise tra il Capitolo e le monache che erano in Cropani. Vedi: P. Coco : Saggio di Storia Francescana di Calabria, pag. 165.
(9) L'urnetta delle reliquie si teneva chiusa in seno alla statua, come tuttora si può ammirare nella cappella della Collegiata. Nell'urnerta vi è un documento in cui si dice che il 26 agosto 1826, in presenza di Mons. Emanuele Maria Bellodoro, Vescovo di Catanzaro, in corso di S. Visita. furono apposti i sigilli all'Urna che contiene i resti di ossa del Servo di Dio, il cui capo trovasi nel petto di detto simulacro.
(10) L'autore della Vita manoscritta, conservata negli Atti del processo, attesta : "I Padri del Terz'Ordine Regolare, non potendosi portare il corpo del Beato, si portarono via il libro". E altrove soggiunge: "Questi miracoli si sono raccolti dagli Annali del P. Bordoni e da un libro che benché stampato, non ho potuto raccoglierne che poche carte lacere, e stimo che nel medesimo libro stava registrata la vita del Beato".
(11) Oltre il Beato d'Ambrosio molti altri nostri religiosi saranno passati di vita in Calabria in gran concetto di santità. Così dal Remer (Vita del Servo di Dio P. Mariano Postiglione, cap. VI, pag. 77; in nota veniamo a sapere che "questa Provincia calabrese (del Terz'Ordine Regolare), nel 1795 vide morire da gran santo, come era vissuto, il suo ex-Provinciale P. Antonio Corbelli; onde il popolo, proclamandolo cittadino del beato regno, gli tagliò tutto l'abito per sua devozione".

23. RIFLESSIONE DI CESARE MULE' a conclusione del convegno sul Beato Paolo (1989)

CESARE MULE' (Moderatore )
CONCLUSIONI
Chi ha seguito lo svolgersi del convegno di preghiera e di studio su beato Paolo Ambrosio ne avrà notato l'ampiezza e la solidità dell'impostazione e l'esplorazione di tante aree: l'ambiente socio-economico, i conflitti politici e dinastici, le rivolte delle plebi rurali ed in parallello l'evolversi della spiritualità e della pietas popolare, l'attività delle istituzioni ecclesiastiche ed insieme il modo di essere e di comunicare di una piccola ma dignitosa gente vissuta nel sec. XV dentro cui fiorì un uomo semplice e pacifico, vissuto per gli altri nel culto del Signore attraverso la mediazione della rinunzia e della preghiera come ha anche ricordato l'arcivescovo Antonio Cantisani.
Quei fatti lontani giungono sino a noi recandoci la cronistoria agiografica del beato Paolo inserita nel contesto descritto così validamente da tanti illustri relatori. Il filo sottile oggi è un nodo di speranza e di gratificazione, un colpo d'ala di tutta una comunità che a dispetto del consumismo e della violenza vuole esaltare alla gloria degli altari un uomo che ha saputo interpretare le reali aspettative della gente: una vita personale e sociale improntata a rapporti di semplicità e di bontà con un comportamento ordinario comune e perciò più eroico perché dispiegato nel corrusco di tempi in cui le armi e il potere tanto decidevano del destino degli uomini.
Noi siamo compartecipi di quel secolo di dolori, di contrasti, di pericoli. Il beato Paolo ci ha coinvolti ed oggi Lui è compresente per aiutarci con il suo esempio e la sua parola, a chiedere a gran voce una vita da cristiani nelle relazioni interpersonali e in quelle comunitarie.
Per questo lo vogliamo riconosciuto santo, perché noi stessi vogliamo essere santificati e cioè avviati alla salvezza dello Spirito.
La società sarà salvata -ha scritto un pensatore francese- non da un politico o da un economista (tante illusioni crollano miseramente proprio in questi mesi) ma da un santo e cioè dal tentare di essere santi in una congiuntura in cui il potere è sovrano, il denaro una misura, la disperazione crudeltà e barbarie.
E siamo grati a p. Remigio che ne ha studiato la vita, alla Chiesa di Cropani e all'attuale arciprete don Arrotta che ne custodisce le sacre reliquie, al Terzo Ordine Regolare di S. Francesco che risolutamente ne postula le ragioni per il tramite particolare di p. Gabriele Andreozzi e con l'indagine ad ampio spettro di don Raffaele Pazzelli, ai nostri ordinari diocesani e specialmente all'arcivesco¬vo Cantisani che ci ha donato una densa esortazione pastorale emanata in occasione del V centenario della morte del beato Paolo e presentata dal vicario generate mons. Lorenti.
Cropani fu la sua culla ed il suo altare. Cropani fu l'ererno solitario ma non isolato, il campo fecondo del suo apostolato sobrio ma incidente. Ed oggi quì la tradizione di devozione acquista nuova forza e convinzione.
IL card. Schuster ha scritto che una delle doti dei santi è la pienezza della semplicità, la "plenitudo simplicitatis". E' questa semplicità e bontà e sorriso ed accoglienza aperta e leale della Calabria che si riconoscono in questi santi.
Per questo diciamo: "Ti preghiamo, b. Paolo, acciocché anche per il tuo tramite Cropani e la Calabria siano preservate e sia garantita la semplicità del vivere che è cultura di speranza e di pace".

22. I CONFRATELLI DEL BEATO PAOLO IN CALABRIA di P. GABRIELE ANDREOZZI (1989)


Nella seconda cappella a sinistra di chi entra nel duomo di Cropani è esposta alla venerazione dei fedeli la statua del Beato Paolo de Ambrosis da Cropani, che è insieme il suo reliquiario.
E' un frate di bell'aspetto, ancor giovanile, vestito di un saio nero pieghettato, stretto ai fianchi dalla corda francescana, l'abito che indossano attualmente i frati del Terz'Ordine Regolare di San Francesco, al quale il Beato appartenne.

1. IL TERZ'ORDINE REGOLARE DI SAN FRANCESCO - ORIGINI PROSSIME E REMOTE

E' un ordine antico, solennemente approvato dal papa Niccolò V nel 1447, ora composto di un migliaio di membri, sparsi non soltanto in Italia e in Europa, ma anche nelle Americhe, in Africa e in Asia. L'ordine è ora inesistente in Calabria, ma una volta contava ben ventotto conventi in questa regione (1).
Le origini remote di quest'ordine si perdono nel buio dei tempi, traendo esso la sua origine dall'antico Ordine della Penitenza, preesistente allo stesso San Francesco d'Assisi e del quale il santo fece parte subito dopo la sua conversione. A chi infatti domandava loro chi fossero, Francesco e i suoi primi compagni Bernardo e Pietro rispondevano: "Noi siamo gli uomini della penitenza della città di Assisi" (2).
Già ai tempi di San Francesco, i frati della Penitenza, come si ricava dalla lettera "Nimis patenter" di Gregorio IX, datata 26 maggio 1228 (3) non vivevano tutti nelle proprie case, ma alcuni "per fare penitenza si erano ritirati in segreti recessi".
Erano gli eremiti, gli "amici di Dio", come li chiamava Gregorio IX: uomini di ogni età, dalla lunga barba fluente, sotto una chioma incolta, vestiti di una tunica di lana non tinta che arrivava al ginocchio, stretta ai fianchi da una cintura o da una corda, con in mano un lungo bastone, talvolta una croce, un libro, un rosario. La croce che vediamo nella destra del nostro Beato è, dunque, un elemento storico della sua iconografia.
Gli eremiti non attendevano solo alla preghiera o alla custodia di una cappella, ma si rendevano spesso spiritualmente e socialmente utili: si trasforma¬vano in predicatori itineranti, riaccendendo la fede, sanando le discordie, spegnendo i focolai delle guerre; traghettavano i viandanti da una sponda all'altra di un fiume, accoglievano i pellegrini, dando loro alloggio e ristoro, curavano gli ammalati. Sullo stretto di Messina erano loro che alimen¬tavano il faro sulla torre di San Ranieri e raccoglievano i naufraghi.
La Calabria, come tutti sanno, fu della "la nuova Tebaide", per il gran numero di eremi che, dopo il mille, costellarono i più reconditi e impervi recessi, specie sulla Sila e la piccola Sila, formando zone eremitiche e monasteri celebri, fra cui ricordiamo la Certosa di S. Stefano del Bosco a Serra S. Bruno, dove morì lo stesso santo fondatore dei certosini. Pensiamo a Gioacchino da Fiore, che fondò l'eremitica congregazione florense, a fra Angelo Clareno, che venne a morire a S. Maria dell'Aspro, presso Marsico Vetere, nel 1337, a San Francesco di Paola, eremita e fondatore dei Minimi, inizialmente seguace di San Francesco d'Assisi.
E' certo che all'apparire del santo Poverello, il suo fascino si diffuse largamente anche in Calabria e lo seguirono in molti. Erano calabresi i frati minori martirizzati in Marocco nel 1227. E' comprensibile che anche e soprattutto gli eremiti siano stati conquistati dall'ideale francescano, così ad essi congeniale, e siano divenuti seguaci di lui, entrando a far parte del Terz'Ordine della Penitenza, pur rimanendo negli eremi.
L'esistenza in Calabria di eremiti di espressa professione francescana nell'Ordine della Penitenza o Terz'Ordine di San Francesco risulta con certezza ai primi decenni del '400.
La notizia più antica ci viene da fra Giovanni Fiore da Cropani (+1688). Nella sua opera "Della Calabria Illustrata", il dotto scrittore cappuccino parla di una bolla di Eugenio IV del 1439 "ove si racconta che fra Biagio, uomo di Calabria, con altri frati del Terz'Ordine, forse tratti dal grido degli altri già claustrali alquanto prima, si ritirarono in alcuni luoghi della Marca per amore della virtù e della penitenza, ma avendo quivi incontrate alcune marose procelle, ebbero il loro meglio il ritornarsene nella Calabria. Arrivati in Bisignano e accolti con umanità dall'abate Giacomo, ottennero da lui un luogo assai comodo per ritirarvisi claustrali, dove per viepiù stabilirvisi, ne ottennero conferma dal suddetto papa Eugenio, diretto all'Archimandrita di S. Adriano, comincia "Sedis Apostolicae gratiosa benignitas", spedito in Fiorenza l'anno 1439, concedendo loro non pure la conferma del suddetto luogo, ma la facoltà ancora di allargarsi in due altri. L'anno dunque 1440 F. Pietro da Pedace passò in Cropani e vi fondò il monastero detto allora del Salvatore" (4).
Il nostro De Sillis parla di una bolla, ottenuta il 6 febbraio 1439 da fra Biagio Margione calabrese di Sinisi, nella quale egli veniva autorizzato a costruire conventi dentro e vicino alle città, ma afferma di aver veduto soltanto carte "scripturas perantiquas" e non parla della permanenza dei frati calabresi nelle Marche:
"Visitanti mihi Provinciam Calabriae (Il De Sillis fu ministro generate dell'Ordine dal 1607 al 1613), venerunt ad meas manus scripturae quaedem perantiquae, in quibus inter alia perlegi qualiter Pater Blasius Margionus Calaber de Sonisi, tertii ordinis S. Francisci regutaris observantiae, ivit Florentiam et die 6 februarii 1439 obtinuil ab Eugenio IV Bullam quamdam Archimandritae S. Adriabi dioecesis Rossanensis directam, ut sibi placeret fratribus tertii ordinis S. Francisci opem terra pro construendis coenobiis intus et prope civitates et terras, eo quod propter inolestias lastrunculorum cogebantur vitam heremiticam deserere. Qui pater Blasius, et una secum frater Petrus de Pedaciis in brevi construxerunt monasteria Bisiniani, Cropani, Orioli et alia" (5).
IL Sordoni (6) riferisce quanto ha appreso dal De Sillis, con l'aggiunta di un solo particolare, riguardante la fondazione del convento di Oriolo, come vedremo.
Mettendo insieme quanto apprendiamo dai tre autori a quanto posteriormente è venuto alla luce, possiamo dunque cosi narrare la storia delle origini del Terz'Ordine Regolare in Calabria: esistevano già da tempo immemorabile in Calabria gli eremiti del Terz'Ordine di San Francesco. Forse in occasione dell'Indulgenza della Porziuncola, che attirava ad Assisi da ogni parte ogni genere di pellegrini, gli eremiti calabresi conobbero gli eremiti della Marca "già claustrali alquanto prima" e si unirono a loro in alcuni luoghi della Marca "per amore della virtù e della penitenza".
Chi possono essere stati questi eremiti della Marca "già claustrali"? Sappia¬mo con certezza che nel 1409 esisteva già la Provincia del Montefeltro, dato che in tale data il suo ministro fra Antonio da Lucera dei Saraceni aveva ricevuto in donazione l'eremo detto di Bonora a Montefiore Conca (7). Sappiamo che il 14 aprile 1436, ministro generate del Terz'Ordine era fra Onofrio da Mondavio (paese delle Marche, in provincia di Pesaro) che in tale veste delegava il suo vicario fra Stefano da Como a ricevere la professione di alcune suore (8). Sappiamo che il 15 dicembre 1436 il detto fra Onofrio da Mondavio era ricevuto in udienza a Bologna dal papa Eugenio IV, insieme a San Giovanni da Capestrano e al vescovo di Rimini Cristoforo e che in tale occasione il papa assolveva i terziari da ogni censura e li autorizzava a vivere in comunità (9). Sappiamo infine che il 3 agosto 1448 era ministro della Provincia della Marca, Ira Pietro da Rimini (10). Tutto ciò sta a dimostrare che realmente nelle Marche il Terz'ordine era già "claustrale" e possedeva più luoghi, dove i frati calabresi poterono essere accolti.
Di che natura possano essere state le "marose procelle" che costrinsero i calabresi a rimpatriare, non è facile intuirlo.
E' certo che nelle Marche esistevano molti romitori sia degli eretici fraticelli, come dei Fratres de paupere vita di fra Angelo Clareno (11), detti anch'essi "fraticelli", come pure di eremiti terziari francescani, come sopra abbiamo dimostrato.
Ed è anche certo che contro tutti questi era in atto una caccia spietata ad opera degli Inquisitori contro l'eretica pravità, francescani e domenicani, incaricati dai sommi pontefici di estirpare con ogni mezzo una simile zizzania, con la conseguenza che talvolta, insieme alla zizzania, poteva essere estirpato anche il buon grano.
E' probabile che per sfuggire a queste "marose procelle", i frati calabresi abbiano preferito rimpatriare.
Ma è anche più probabile che per "marose procelle", Il Fiore abbia inteso parlare della forzata espulsione dei frati terziari dai loro conventi, ad opera dei frati gerolamini di fra Pietro Gambacurta pisano, che ebbe il suo epilogo nel 1432, con la bolla di Eugenio IV "Apostolicae servitutis officium", datata 7 luglio 1432 (12).

2. EREMI E CONVENTI IN CALABRIA NEL '400 E '500

Riteniamo che, nelle lontane Calabrie, i frati siano stati avvertiti delle mutate condizioni, dopo l'udienza concessa da Eugenio IV a fra Onofrio da Mondavio ministro generate del Terz'Ordine, accompagnato e garantito da San Giovanni da Capestrano, nel 1436. Non è del tutto improbabile che una copia della lettera "Noveritis qualiter" di San Giovanni da Capestrano sia pervenuta laggiù.
IL facto è che i frati di Calabria trovarono il coraggio di presentarsi personalmente ad Eugenio IV, che viveva allora a Firenze, per ottenere il suo appoggio presso i vescovi, in modo che fosse loro consentito di fondare conventi dentro o vicino alle città e alle terre, per sfuggire alle molestie dei ladroni.
La lettera apostolica "Sedis Apostolicae gratiosa benignitas", che il Fiore dice essere stata emanata nel 1439, non si trova in Vaticano nè si legge nelle varie compilazioni, come il Bullarium Franciscanum o l'Archivium del Bordoni, il che tuttavia non osta alla sua autenticità, dato che, come è noto, le bolle a carattere privato venivano trascritte nei regesti pontifici, solo a richiesta dell'interessato. L'esistenza della bolla è però confermata dal De Sillis, che ne conosce la data (6 febbraio 1439), il destinatario e il contenuto e riporta il nome completo dello stesso fra Biagio: "Pater Blasius Margionus Calaber de Sinisi".
IL Bullarium Franciscanum riporta però altre due bolle riguardanti lo stesso fra Biagio: la "Sollicitae considerationis indagine", emanata da Eugenio IV il 3 febbraio 1440 (13) e la "Sollicitae considerationis" emanata dallo stesso Eugenio IV il 14 marzo 1440.
Nella prima si dà mandato all'Archimandrita di S. Elia di Carbona e all'arci¬prete "de Sevitio Anglonensis dioc."di indagare sui meriti e l'idoneità "dilecti filii Blasii de Sevitio, presbiteri dictae dioecesis asserentis se ordinem S. Francisci de poenitentia nuncupati expresse professum" che ha avanzato richiesta di essere investito del beneficio del monastero di S. Nicola de Farnete, i cui frutti, redditi e proventi non superano gli annui venti. fiorini d'oro. Il monastero, appartenente all'ordine di S. Benedetto, era privo di abate e di monaci.
Nella seconda bolla si dà mandato al vescovo di Anglona di nominare abate del monastero di San Nicolò di Farneta Angelo de Angelo dell'ordine di San Benedetto, dato che Biagio de Senisio non si è curato di assumere il regime e I'amministrazione del detto monastero, da sei anni indebitamente occupato da Roberto de Sinisio, presbitero della stessa diocesi. Il fatto fa onore a fra Biagio, che dimostrò così di essere uomo di pace, avendo preferito rinunciare ad un tetto, anziché entrare in lite con un confratello nel sacerdozio, per giunta suo concittadino.
In ordine cronologico, presentiamo ora un prospetto dei conventi del Terz'ordine Regolare che sono esistiti in Calabria nei secoli XV e XVI.

ORIOLO
La prima fondazione sembra che sia stata quella di Oriolo, in diocesi di Anglona, intitolata a San Francesco, risalente al 1439. Si deve a fra Biagio Margione, calabrese, della terra di Sinisi, e ai suoi compagni.
il Bordoni ci tramanda il ricordo di un fatto prodigioso, che sarebbe avvenuto nella fondazione di questo convento: "Conventus primo aedificatus fuit ab eodem in loco, quem postea, ruinam minatem, a Deo revelatione accepta, alio transtulit, inter duo flumina et S. Julianum" (15). Il terreno sul quale fra Biagio stava gettando le fondamenta era un terreno franoso. Per divina rivelazione, fra Biagio seppe dell'imminente pericolo e trasferì la costruzione in luogo sicuro, nel piano, tra due fiumi e San Giuliano.
Era nato ad Oriolo il quarantaseiesimo ministro generale dell'ordine, fra Dionisio Colomba, eletto nel capitolo generale tenuto ad Imola il 20 maggio 1589, nel convento di S. Maria del Piratello. Morì lo stesso anno e Sisto V il 22 gennaio 1590, lo sostituì con un vicario apostolico, nella persona di fra Serafino Masnaga da Milano.
IL convento di Oriolo fu uno dei sette che si salvarono nella soppressione dei conventi piccoli, ordinata da Innocenzo X nel 1653.
Nel Capitolo Generale del 1707, fu letto un memoriale del P. Maestro Vincenzo Brancia, il quale chiedeva che fossero concesse le lettere di fondatore del nuovo convento di Oriolo in Calabria all'eccellentissimo marchese Ferdinando Spinelli, che a sue spese volle ricostruire il convento. Fu risposto che era giusto concedere tali lettere, per premiare la buona intenzione di fare del bene alla nostra religione (16).

BISIGNANO
IL convento di S. Maria delle Grazie a Bisignano fu fondato anch'esso da fra Biagio e compagni nel 1440, su una casa e un fondo donati da Giacomo degli Abbati, cittadino di Bisignano.
Si salvò anche questo dalla soppressione innocenziana. Fuori Bisignano, c'era un altro convento, forse un eremo, dedicato a S. Maria di Loreto.
Nell'opera "Il Regno delle Due Sicilia" (17), troviamo qualche altra notizia: "Nei 1446 un Ospedale e un Romitorio furono concessi ai Minori Terziari, o Continenti, per collocarci un Monastero della loro regola, con la bolla che fu indirizzata al Vescovo Piscicello da Eugenio IV. Il nuovo convento fu soppresso nel 1809. Il convento di S. Maria di Loreto, che fu del medesimo ordine, era rovinato avanti il 1652".

Luogo dov'era il convento e la Chiesa di San Salvatore a Cropani
CROPANI
Risale parimenti al 1440 il convento di Cropani, fondato da fra Pietro de Pedace e dedicato a San Salvatore. Fu santificato dalla virtuosa vita del Beato Paolo de Ambrosis da Cropani, il quale visse però anche in altri conventi, cioè in quello di Terranova, di cui fu confondatore e nel romitorio di Scavigna, in territorio di Belcastro, dove morì.
Il Padre Fiore (18) ne scrive così: "Monastero oggidì soppresso, ma perché antichissimo, ed il secondo di questa Religione nella Calabria, vò registrare la storia, raccolta da M. S. antichi. Fra Pietro dunque da Pedace, come di sopra si è tocco, l'anno 1440, passato da Bisignano in Cropani, ed accolto amorevol¬mente da un tale per nome Pietro Massaro, da bene e benestante di facoltà, a cui dichiarato il fine della sua venuta, gli donò egli un territorio, ove l'altro edificò una Chiesolina col nome del Salvatore, e vi attaccò poche cellette per l'abitazione, e sua, e de' suoi compagni, alla quale donazione l'anno seguente del 41 aggiunse un altro Territorio, ed anche sé medesimo, se non religioso, vestito almeno dell'abito stesso in una casettina, attaccata alle lor celle. Che poi l'anno 1450, già morto lor lasciò il rimanente della sua robba, e tutto se medesimo seppellito in quella Chiesa. Partiti intanto li religiosi, con non lasciar ivi, che un solo Terziario, da ciò animato un nipote del defunto Benefattore, Prete per nome D. Giovanni Massaro, che mal soffriva la disposizione fatta dal Zio, andato in Catanzaro, ed esposta a quella Corte la partenza de' Religiosi, e l'ereditaria successione alle robbe del Zio, se l'ottenne a titolo di beneficio, e di facto ne prese il possesso. Fra questo mentre ritornato Fra Pietro con i suoi compagni, e querelatosi in Catanzaro dell'aggravio ricevuto, ebbe favorevole il decreto, dal quale però appellandosi a Reggio il Prete, venne la causa commessa a Monsignor Michele Cosa, Vescovo dell'Isola, il quale passato in Cropani restituì a' frati il Monasterio, e la Chiesa, alla quale di vantaggio concesse giorni 40 d'indulgenza in perpetuum li sei agosto. Ma perché la distanza dall'abitato portava qualche incomodo a' Frati infermi, ed agli altri, quali, o per occasione della cerca, o per altro affare, eran in necessità di venir alla Terra; ottennero da Sisto IV con la Bolla sotto la data del 23 marzo 1476, la Chiesa di S. Maria la Grazia presso le mura, alla quale attaccate alcune celle l'istituirono per lor Ospizio, ed Infermeria. Aggiunge l'Epitomo che vi fu eretta una Confraternita detta li Battenti. E nulla di meno infestati li Religiosi del Salvatore dalla gente di Campagna l'anno 1613, presero ad ingrandir l'Ospizio che poi perfezionarono in forma di Monasterio compiuto. Abbandonato l'altro, vi si ritirarono l'anno 1622. Finalmente l'anno 1653 restò insieme con gli altri soppresso dalla Bolla di Papa Innocenzo X, e l'entrate ripartite da Monsignor Fabio Olivadesio Vescovo di Catanzaro fra il Capitolo della stessa Terra e le Monache ripentite della suddetta Città".
Abbiamo cercato la bolla di Sisto IV, ma senza risultato. Nel Bullarium Franciscanum (19) abbiamo però trovato la seguente nota: "Fratribus Tertii Ordinis provinciae Calabriae concedit (Sisto IV) iuxta ab ipsis postulata, ut domum quamdam, quam sub invocatione S. Salvatoris habebant longe ab oppido Cropani, dioec. Catacen, propter loci distantiam et aeris intemperiem sibi valde incommodam, mutare possint in aliam sub titulo S. Mariae de Gratia, prope dictum oppidum aediticandam, ibidemque confraternitatem S. Salvatoris, alias de Battenti vocatam admittere".
La mancanza dell'originale di questa bolla si spiega con il fatto che il libro 105 del Bullarium di Sisto IV non c'è più nell'Archivio Vaticano.
Per ciò che riguarda la sostanza di questa bolla, crediamo di poter trarre le seguenti conclusioni: nel 1477 era costituita la Provincia di Calabria del Terz'Ordine Regolare di S. Francesco; la richiesta dei frati, accolta da Sisto IV, mirava non tanto ad avere in Cropani un'infermeria od un ospizio, quanto alla definitiva chiusura di San Salvatore e alla costituzione della nuova casa in paese; nella vita del Beato Paolo, si legge che proprio nel 1477, insieme ai frati Bernardino Negra e Ludovico de Marco, ottenne la concessione del luogo di S. Maria di Loreto a Terranova, juspatronato di Giovanni Falconiari (20).
La coincidenza dei due Patti avvenuti nel 1477 non è forse casuale, ma potrebbe indicare un contrasto ideologico tra i frati che volevano rimanere fedeli all'eremitismo e quelli che miravano all'inurbamento. Il Beato Paolo sarebbe stato dei primi: per salvare la vocazione penitenziale ed eremitica il Beato non esitò dunque ad abbandonare la sua terra e i suoi genitori e andare lontano, dove nessuno lo conosceva e dove avrebbe potuto vivere più liberamente la sua vocazione.
In realtà il progettato trasferimento dalla campagna al paese non si realizzò in breve tempo; per i primi tempi la casa in paese non fu altro che un ospizio per i frati malati e i loro assistenti; solo nei primi decenni del seicento, venne ingrandito l'ospizio, costruita o forse ricostruita e ampliata la chiesa, e i frati vi si trasferirono, lasciando il vecchio convento di San Salvatore, e portando con sé le venerate spoglie del Beato Paolo.
Attualmente una via del paese si chiama Via delle Grazie, ma della chiesa e del convento non vi e più alcuna traccia. Forse quarant'anni fa, a quanto mi diceva un'anziana donna del luogo, si vedevano ancora su una parete delle teste di santi.
Nel 1653, il convento di Cropani rientrò nella soppressione innocenziana dei conventi piccoli e il corpo del Beato Paolo, alla fine della quaresima del 1653, venne di comune accordo traslato nella chiesa maggiore, con la condizione che dovesse essere restituito, se i frati fossero riusciti a ricuperare il convento, il che non è finora avvenuto.
Il corpo del Beato Paolo è dunque ora qui venerato, come scrive il Bordoni, (21) "frequenti fidelium concursu, sicut in propria Ecclesia sui ordinis venerabatur".
La via che passa davanti alla casa che si ritiene sia stata la casa natale del Beato, contrassegnata da una piccola edicola e da una scritta devota, si chiama da tempo immemorabile "Corso Beato Paolo". Un'immagine su un altare e un'altra nell'abside ed un'edicola sulla strada ricordano il Beato nella locale chiesa dei cappuccini.
Le celebrazioni del V Centenario del Beato Paolo sono state una riprova di quanto, nonostante tutto, siano ancor vive nella popolazione la memoria e la venerazione verso il santo concittadino.

BELVEDERE
Per ordine di antichità, viene ora il convento di S. Nicola "de Palumbaria" a Belvedere in diocesi di San Marco Argentano. Come si ricava dalla bolla di Eugenio IV "Solet Apostolicae Sedis copiosa benignitas" datata il 13 novembre 1441 e diretta al Vescovo di San Marco (22), i frati Nicola Artesio e gli altri frati del Terz'Ordine di S. Francesco della Penitenza della provincia di Calabria, capitolarmente congregati, secondo l'uso dei frati minori, avevano chiesto che la detta casa con l'oratorio, Porto, le officine, diritti e pertinenze, abbandonata dai frati minori, perché "incongrua et inutilis" venisse ad essi concessa per autorità apostolica. Il papa concedeva quanto richiesto e incaricava il vescovo di San Marco, dopo diligente verifica, ad immettere i richiedenti nella possessione.
Il convento non fu compreso fra quelli soppressi da Innocenzo X, perché precedentemente lasciato, non sappiamo in che anno e per quale motivo (23).

BELCASTRO
Il 7 gennaio 1443, come risulta da apposito istrumento (24), il vescovo di Belcastro concedeva a fra Pietro de Pedagiis, povero del Terz'Ordine di San Francesco, di poter edificare un "opus salutaris perfectionis", in onore di S. Maria dello Spirito Santo e di S. Francesco, su un fondo donato dai fratelli carnali Domenico e Nicola de Clava, in località denominata Scavigna nel territorio di Belcastro, presso la Serra Alta.
Attiguo all'eremo di S. Maria dello Spirito Santo e di San Francesco, ce ne doveva essere un altro, anch'esso occupato da frati che si dicevano del Terz'Ordine di S. Francesco.
Il 14 maggio 1446 arrivò una bolla pontificia: "Fr. Francisco de Ursino (Verzino) et Sociis Tertii Ordinis S. Francisci, scribit (Eugenio IV) circa oratorium B. Mariae de la Florestella in Calabria. Dat. Romae, apud Sanctum Petrum, Anno MCCCXXXXVI, Pridie Idus Maii, Pont. anno sextodecimo". "Justis penitentium votis" (25).
Nel Bullarium Franciscanum, si ha la seguente nota: 171. 1446, maii 14, Romae. Scribit (Eugenius IV) pro fr. Francisco de Ursino et socis Tertii Ordinis circa oratorium B. Mariae de la Florestella in Calabria. Iustis. Pridie ides maii, a. XVI" (26).
IL Bullarium Franciscanum rimanda però agli Annales del Wadding, (ad a. 1446, n. 27) dove si legge: "Secundus (conventus) S. Mariae de la Florestella, Belcastrensis diocesis in Calabria, ex quo eiecti sunt fratres, orta in illis partibus magna seditione" (27).
Nella carta geografica militare (F. 242), vediamo segnato il toponomastico "Santa Maria" senza altra specifica e non lontano vengono segnalate le "Grotte Beato Paolo". Poco lontano, su una notevole estensione di terreno si legge: "Cicco l'Orbo" ed inoltre "C. Cicco l'Orbo" (Casa di Cicco l'Orbo?).
Fu in quest'eremo che chiuse i suoi giorni il 24 o il 25 gennaio 1489 il nostro Beato Paolo.
Una tradizione ancor viva vuole che, dopo la morte del Beato, tra quei di Cropani e quei di Belcastro si sia accesa una disputa sul luogo della sua sepoltura. Inutili furono gli sforzi dei belcastresi, che non riuscirono a sollevare la salma per la sua enorme gravità, sicché, come il Beato aveva predetto, le sacre spoglie vennero deposte nella chiesa di S. Salvatore a mezzo miglio da Cropani e traslate a S. Maria delle Grazie, quando ivi si trasferirono i frati.
Il mantello del Beato però, che i belcastresi riuscirono a strappare di mano ai cropanesi, fu conservato come preziosa reliquia a Belcastro.
Dell'eremo di Scavigna ora non rimane che un rudere, mentre assai ben conservate sono le Grotte del Beato Paolo, adibite ad usi agricoli.
La vicinanza della casa di Cicco l'Orbo all'eremo non è senza significato, giacché ci conferma se non altro l'esistenza storica di questo che fu il primo biografo del Beato.
Scriveva infatti il Fiore (30) parlando degli scrittori della vita del Beato Paolo: "Ma più prima scritto n'avea in ottava rima italiana con frase cropanese un tal per nome Francesco, il quale, per esser nato, e vissuto cieco, dimesso il nome della famiglia, veniva detto volgarmente Francesco l'Orbo, che per esser stato ne' tempi più in là prossimi al Santo, poté del tutto essere ammaestrato della pubblica fama".
Francesco l'Orbo, o meglio "Cicco l'Orbo" era dunque un confinante dell'eremo, testimone diretto dei fatti cantati nel poema. I competenti di storia locale dicono infatti che Francesco l'Orbo, detto così perche cieco di un occhio, scrisse la vita del Beato a pochissimi anni, una decina, dalla morte di lui. Si tratta di un poema in vernacolo calabrese, andato purtroppo perduto.
I frati, dopo la morte del Beato Paolo, rimasero pacificamente nell'eremo fino al 1562. In tale anno però, al dire del Bordoni, i minori conventuali mossero lite per il possesso del luogo. I nostri, rappresentati da fra Alfonso de Barto, commissario per il regno di Napoli e la Calabria, riportarono sentenza favore¬vole dal Cardinale Protettore Fr. Alciati, nel 1578.
Non sappiamo se contemporaneamente o successivamente, i frati ebbero vari altri domicili a Belcastro: la SS. Trinita, S. Maria di Loreto, S. Biagio e poi di nuovo la SS. Trinita.
L'ordine scomparve da Belcastro nel "comune exterminium parvorum con¬ventuum", come scrive il Bordoni (31).

LAVELLO
La Provincia di Calabria possedeva anche un convento a Lavello, nella diocesi di Acerenza, nell'odierna Basilicata. Eugenio IV concesse ai frati Lorenzo e Paolo de Ragusiis una chiesa con alcuni beni della mensa vescovile, nell'anno 1444 (32).

COSENZA
Trascriviamo dal Russo (33): "In diocesi di Cosenza, i Terziari Regolari aprirono diversi conventi. A Cosenza, quello dedicato a S. Maria degli Angeli fu aperto verso il 1440, per opera di Pietro Ferrante e di sua moglie Antonia. Paco dopo ne fu aperto un altro, quello di S. Michele Arcangelo, con bolla di Eugenio IV del 31 maggio 1446, diretta all'Arcivescovo di Cosenza, al quale si comanda di introdurvi i Terziari, dopo di averne allontanato il rettore Angelo Russo. Alla fine del sec. XVI la Provincia dei Terziari Regolari di Calabria che contava allora 27 conventi, ne aveva sette in diocesi di Cosenza".
Continua il Russo: "I Terziari Regolari sono spariti del tutto non solo dalla diocesi di Cosenza, ma da tutta la Calabria. Il loro convento di S.Maria degli Angeli in Cosenza fu definitivamente soppresso nel 1783. I locali furono acquistati e adibiti ad abitazione da Pietro Salfi. La chiesa fu incendiata nel 1806, insieme con quella dell'Annunziata dell'Ospedale, perche -scrive L. M. Greco- essendosi verificata una grande mortalità nell'esercito francese e non essendo possibile provvedere al seppellimento dei cadaveri, furono questi ammonticchiati nelle dette due chiese e bruciati" (34).
Di diverso parere, circa l'origine dei due conventi di Cosenza, è il Bordoni: il convento di S. Michele Arcangelo risale al 1446, quello di S. Maria degli Angeli al 1608 (35).

TERRANOVA
Di questo convento, che ebbe come cofondatore, nel 1477, il Beato Paolo de Ambrosis, abbiamo parlato quando trattavamo di Cropani.
IL Bordoni lo colloca (36) nella "Nota conventuum non extantium" senza dire quando abbia cessato di esistere. Potrebbe trattarsi di Terranova di Sibari, presso Cosenza o di Terranova di Pollino, presso Potenza. In ambedue i casi, si sarebbe trattato di un luogo assai distante da Cropani e adatto a favorire il distacco totale del Beato dalle cose e dalle persone.

SAN LUCIDO
Le notizie più esatte su questo convento ci provengono dal p. Russo (37): "S. Maria di Pressano, presso San Lucido, concessa da Eugenio IV al terziario Francesco da Verzino il 6 maggio 1447, ma poco dopo si ebbe la revoca dal successore Niccolò V".
Net Bullarium Franciscanum (38), leggiamo infatti la bolla "Humilibus perso¬narum", emanata da Eugenio IV il 27 aprile 1446, diretta all'arcivescovo di Cosenza e al vescovo di Oppido, con la quale si ordinava che a Francesco de Verzio di Calabria, del Terz'Ordine di San Francesco, venisse conferita la cappella di S. Maria di Pressano, nella terra di Castel San Lucido, diocesi di Cosenza, rimosso il presbitero Nicola da Crotone. Più che di una cappella, si trattava di un monastero situato sul monte che sovrasta San Lucido, che era ¬stato in origine degli Agostiniani e poi dei Cistercensi.
IL 6 maggio 1447, Niccolò V concedeva che fosse data di nuovo a Francesco de Verzino del Terz'Ordine di San Francesco in Calabria la cappella di S. Maria di Pressano in territorio di San Lucido, per edificarvi un convento per sé e per i suoi compagni (39).
Ma il 16 marzo 1454 lo stesso Niccolò V ordinava all'Abate del monastero di S. Giovanni in Fiore che, dopo diligente inquisizione, privi Francesco de Verzino di Calabria, laico che si presenta come professo del Terz'Ordine di San Francesco della Penitenza, della cappella di S. Maria di Pressano e la conferi¬sca a Benedetto Scorso del Cetrato, chierico, della terra di Monte Cassino (40).
Fra Francesco da Verzino è evidentemente lo stesso che fu scacciato, insieme ai suoi compagni, dall'eremo della Florestella a Belcastro il che ci induce a ritenere che si sia trattato di un gruppo anomalo o dissidente.

ZAGARISE
Il convento di San Salvatore a Zagarise, in diocesi di Catanzaro, fu aperto nel 1535. Nel 1532, nella relazione in occasione della visita "ad limina", il Vescovo Arati diceva infatti che il convento di San Salvatore non era ancora ultimato. Fu soppresso nel 1653 (41). Attualmente non si conosce neppure la sua ubicazione.

MAGISANO
IL convento di San Salvatore a Magisano in diocesi di Catanzaro, poi S. Maria di Loreto, fu aperto grazie ad una lettera di Giulio II del 18 febbraio 1505, diretta ad Ascanio Girardino, vescovo di Catanzaro. Fu anche questo soppresso nel 1653 (42).

AMANTEA
Fuori Amantea, in diocesi di Tropea, nel 1535 fu aperto il convento di S. Maria di Loreto, poi soppresso nel 1653 (43).

GRIMALDI
IL Sordoni conosce l'anno della chiusura di questo convento, che fu forse il 1548 (44). Il Russo (45) conosce anche il titolo della chiesa: la SS.ma Concezione, e l'anno di fondazione: 1450.

DOMANICO
IL convento di S. Maria del Monte Carmelo a Domenico, in diocesi di Cosenza, fu aperto net 1550, soppresso net 1653 (46). La storia paesana ci dice che i terreni circostanti erano stati bonificati dai terziari.

SANGINETO
IL convento di S. Maria della Pietà a Sangineto, in diocesi di San Marco fu costruito nel 1558 su un fondo donato da Francesco de Simone. Si salvò dalla sopressione innocenziana (47).

LAGO
Il convento di S. Maria del Soccorso in diocesi di Cosenza fu concesso nel 1561 dal Cardinale Taddeo de Gadelis, perpetuo amministratore della Chiesa di Cosenza, per mezzo del suo Vicario Generale Onorio Greco, vescovo di Lesina (48). Anche questo si salvò dalla soppressione innocenziana.

COTI
IL convento di S. Maria della Croce, poi S. Maria delle Grazie, aperto l'anno 1570, fu coinvolto nella soppressione innocenziana (49).

FAGNANO
Il convento di San Sebastiano, in diocesi di San Marco, fu aperto nel1580 e si salvò dalla soppressione innocenziana (50).

MOTTAFOLLONE
IL convento di S. Maria della Croce, in diocesi di San Marco, fu concesso dal vescovo di San Marco, Antonio Grignetta, nel 1585. Si salvò anche questo dalla soppressione innocenziana (51).

TREBISACCE
A fra Paolo di Feulo, commissario del ministro provinciale di Calabria fra Giovanni Greco di Terranova, fu concessa nel 1586 la chiesa di S. Maria di Loreto, con il patto di costruirvi a fianco un convento (52) .
La Provincia di Calabria possedeva anche dei conventi nelle Puglie, come Patrica (romitorio di San Cataldo, concesso da Sisto IV nel 1476 con la bolla "Digna exauditione") (53), Taranto (concesso da Eugenio IV, con la sua bolla "Sedes Apostolica" del 20 giugno 1443) (54), a Stromboli (S. Maria delle Grazie) e a Lipari (S. Bartolomeo) (55).
Per pochi anni i nostri possedettero anche il convento di Pietrafitta, "seu Ballivae Casabis Francorum" in diocesi di Cosenza, dedicato a S. Maria degli Angeli, prima abitato dai cappuccini. La concessione avvenne nel 1636 ad opera di Lelio de Tallis, vicario apostolico di Cosenza, eseguendo le lettere della Sacra Congregazione a Giulio Antonio Santoro, arcivescovo di Cosenza. Soggiacque anch'esso alla soppressione innocenziana (56).

INSERIMENTO VITALE NELL'ORDINE

Veniamo ora a parlare della Provincia di Calabria, cioè del ruolo di questa provincia in seno all'ordine.
Dopo la loro partenza dalla Marca, a causa delle "marose procelle", di cui parla il Fiore, i frati conservarono i loro contatti con i confratelli terziari.
IL 31 luglio 1446, vediamo frater Cola de Calabria partecipare al Capitolo Generale di Assisi, nel quale i diciotto vocali presenti nominarono tre procuratori da inviare al papa Eugenio IV (57) per ottenere certe grazie e privilegi, e in primo luogo l'approvazione pontificia dell'Ordine, che si ebbe infatti l'anno successivo, con la bolla "Pastoralis officii" concessa da Niccolò V, che nel frattempo era succeduto ad Eugenio IV, il 20 luglio 1447.
L'anno seguente, il 3 agosto 1447, sempre in coincidenza con l'Indulgenza della Porziuncola, si tenne a Foligno un piccolo capitolo di soli sette "fratres dicti tertii ordinis".
Si trattò di clareni o di terziari propriamente detti? Il Sensi ritiene trattarsi di clareni, per il fatto che in detto capitolo risultò eletto un clareno, fra Bartolomeo de Benamatis. Ma è più probabile che si tratti di una riunione mista dei rappresentanti dei due gruppi, come era stata quella dell'anno precedente in Assisi e come sarà il Capilolo Generale del 1448 a Montefalco. I due gruppi erano infatti addivenuti ad una unione di fatto. Non si potrebbe altrimenti spiegare la presenza di "frater Geronimus Petrucciòli de Massa" e di "frater Stefanus Jacobi de Como" e crediamo anche di "frater Vitus de Calabria" (23). I primi due erano sicuramente esponenti del gruppo terziario propriamente detto e crediamo anche il terzo, dato che nei documenti ufficiali risulta la presenza in Calabria dei terziari, ma non dei clareni in quei tempi.
Non stiamo quì a riferire le alterne vicende che caratterizzarono la vita del nuovo ordine nei primi decenni della sua esistenza.
Ci basti tener presente che quando, ad iniziativa dei frati lombardi, l'ordine riprese anche ufficialmente ad esistere, i frati della Calabria furono i primi ad aderire alla sua restaurazione. Lo apprendiamo da una nota del De Sillis (58): nel 1552 fu celebrato il Capitolo Generale nel convento di S. Maria del Piratello presso Imola. Si discusse fra l'altro sulla precedenza delle singole province. Il commissario del Regno di Napoli prese a discutere con il Provinciale romano il quale, essendo più vicino alla Lombardia insieme alle provincie unite, pretendeva il primo posto dopo i lombardi. Ma Girolamo Patio, che in nome del Cardinal Protettore Rodolfo Pio da Carpi presiedeva il Capitolo, sentenziò che il primo posto spettasse ai calabresi, "tamquam qui prius Longobardis fuerunt uniti", perché per primi si erano uniti ai Longobardi.
Nei primi tempi si ritenne opportuno lasciare una certa autonomia ai vari gruppi che avevano aderito ai Lombardi. Le province di Calabria, Sardegna, Napoli, Sant'Angelo del Monte Gargano, della Puglia, di Lecce e della Basilicata facevano i capitoli provinciali nelle rispettive province, nei quali eleggevano il loro vicario provinciale, con gli altri officiali. E mandavano un padre eletto in capitolo provinciale a dare il suo voto nel Capitolo Generale della Congregazione Lombarda, nel quale si eleggeva un commissario generale per queste province.
Ai tempi del Beato Paolo però vigeva un'altra legge: al Capitolo Generale di Lombardia partecipavano il ministro provinciale e un delegato per ogni provincia. Fu in tale veste che al Capitolo Generale, celebrato a Montebello di Lodi nel 1488, partecipò il nostro Beato ed ebbe modo di incontrarsi con il Beato Geremia Lambertenghi, che in una selva vicina al convento conduceva vita eremitica.
Per mancanza di documentazione, ci è impossibile tessere una storia completa della Provincia di Calabria. Abbiamo solo qualche sprazzo di luce.
Il primo risale al 1525 e consiste in un decreto di Carlo V, l'imperatore sul cui impero non tramontava mai il sole. Nella sua qualità di re delle due Sicilie, aveva ricevuto una supplica da fra Pietro Alberico da Crotone o da Casobino, del terz'ordine di S. Francesco in abito eremitico della penitenza della congregazio¬ne lombarda, nella quale si diceva che Paolo II aveva comunicato ai frati della congregazione lombarda tutti i privilegi, gli indulti e le grazie concessi ai frati del terz'ordine di S. Francesco della Penitenza di Castiglia e di Leon a della diocesi leodiense e che Sisto IV aveva concesso al visitatore generate dell'ordine di visitare, riformare, punire, castigare e spogliare dell'abito tutti gli eremiti anche non facenti parte della congregazione.
L'imperatore emanava il suo decreto, diretto a tutti gli Arcivescovi e vescovi, abati, canonici e chierici, come pure a tutti i vicerè, governatori, principi, duchi, marchesi, conti, baroni, signori e signore del regno delle due Sicilie e di Sardegna, ingiungendo loro di prestar aiuto, consiglio e favore necessario e opportuno ai detti frati, sotto pena di incorrere nell'ira e nell'indignazione di Sua Maestà e di un'ammenda di mille ducati (59).
Il problema degli eremiti contumaci e vagabondi non si era evidentemente risotto. Vediamo infatti che nel 1563 fra Alfonso da Barco da Cropani era nominato commissario contro di essi, dal ministro generate fra Gaspare da Modena (60).
La vitalità e la santità di vita dei terziari calabresi non era affatto mediocre, se consideriamo la loro espansione anche in Basilicata, Puglie, Sicilia e i fiori di santità emersi fra loro.
Oltre al Beato Paolo da Cropani, parlando dei frati morti in onore di santità negli ordini francescani in Calabria, il Russo nomina P. Francesco Gargana da Paola "che fu compagno di S. Benedetto da S. Filadelfo e morì in fama di santo a Palermo il 27 febbraio 1597" (61).
Anche il Fiore ne parlava con queste parole: "B. Francesco: quello qual per la lunga dimora nella Sicilia dismesso il nome della Patria, veniva detto di Calabria: Fu religioso del Terz'Ordine, di molta austerità di vita, che menò sempre, orando, digiunando, vegliando, ed in altre maniere macerandosi. Morì nella Sicilia di Palermo l'anno 1597, avendone 102 di età, onorato il suo Funerale da incredibile concorso di popoli" (62). E citava Domenico Gravina vox turt. p. 2, c. 24 e Martirolog. Francesc. ad diem 22 Dcemb.

UN MINISTRO GENERALE. I MINISTRI PROVINCIALI


La provincia di Calabria e i suoi frati godevano di alta considerazione nell'ordine, tanto che il 20 maggio 1589, nel capitolo celebrato nel convento della Madonna del Piratello presso Imola, venne eletto Ministro Generale Padre Dionisio Colomba da Oriolo, che morì nel primo anno del suo generalato.
Fu nel suddetto capitolo generale che il neo eletto ministro generale P. Dionisio Colomba e i padri capitolari emanarono le prime costituzioni perma¬nenti.
Non possediamo l'elenco dei ministri provinciali di Calabria. IL Bordoni ci tramanda il nome di uno di essi: fra Giovanni Greco, che nel 1586, per mezzo del suo commissario fra Paolo di Feulo, accettò la donazione del convento di S. Maria di Loreto, da parte della comunità di Trebisacce (63).
Possediamo anche il verbale del Capitolo provinciale celebrato nel 1599, nel convento di S. Maria del Carmelo a Domanici, in diocesi di Cosenza. Presiedeva il ministro generate P. Girolamo Marchetti da Crerna. I tredici vocali, dopo aver eletto tre scrutatori, passarono all'elezione del ministro provinciale, dei due definitori del discreto e dei priori dei tredici conventi. Fra Orazio Sangenito fu eletto ministro provinciale. Abbiamo anche i nomi di tutti gli altri eletti (64).
Dal 1619 possediamo l'elenco dei partecipanti ai capitoli generali soliti a celebrarsi ogni triennio. La provincia di Calabria, così come le altre, la troviamo rappresentata dal ministro provinciale, dal discreto e dal custode. Nel capitolo generale del 1785, vediamo la Calabria rappresentata da un solo vocale: P. Eugenio Tarco, custode. Poi la provincia scompare dagli atti ufficiali dell'ordine.
Fra Giovanni Fiore, o meglio il suo continuatore fra Giovanni da Badolato, ci ha lasciato un elenco dei ministri provinciali di Calabria, ma "senza alcuna distinzione di tempo", come egli si esprime: Francesco Pugliese da Corigliano, Dionigi Colombo da Oriolo, Cherubino Jannelli da Oriolo, Francesco da Cuti, Serafino Caruso da Lago, Gio. Battista Bruno da Lago, Giuseppe Dente da Ariano di Puglia, Antonio Sacco da Lago, Tommaso Clauso da Rogliano, Gio. Antonio Pufice da Lago, Gio. Battista Clauso da Rogliano, Bonaventura Salerno da Oriolo. Giuseppe Sottile da Cosenza, Domenico Imperiale da Oriolo, Antonio Pascale da Cosenza, Antonio Corbelli da Motta Follono, Ludovico Rizzuti da Bisignano, Dionigi Spina da Lago, Gio. Andrea Bruno da Lago, Francesco Liguori da Oriolo (65) .
Sulla scorta degli atti dei capitoli generali, possiamo fare un po' d'ordine e stabilire una serie cronologica dei ministri provinciali incompleta ma sicura: P. Francesco Speranza da Cropani, Vicario provinciale (1619), P. Giovanni Tassoni, provinciale della provincia di Calabria (1622); nel 1625 vennero al capitolo soltanto i delegati padre Salustio e padre Serafino da Lago, data la morte del padre provinciale; nel 1628, fra Luca provinciale di Calabria; nel 1634, P. Nicola Orlandi; nel 1638, padre Ludovico Leoni; nel 1647 padre Filippo Sganga; nel 1653, padre Giuseppe Picci; nel 1665, padre Modesto da Bisigna¬no; nel 1683, padre Ceruti provinciale di Calabria; nel 1689, padre lettore Andrea Bruni, discreto: nel 1695, padre Antonio Sacco; nel 1701, padre Antonio Policicchio, discreto; nel 1707, padre Antonio Pisa, discreto; nel 1713, padre Giovan Battista Calusi, provinciale; net 1725, padre lettore Domenico Imperiali, provinciale; nel 1731, padre Ludovico Rizzuto, provinciale: nel 1737, padre Antonio Pascale, definitore generate e custode di Calabria; nel 1749, fu assente il ministro di Calabria; nel 1755, assente; nel 1761, padre Romualdo Caruso; nel 1767, padre Dionisio Spina; nel 1773, assente; nel 1779, padre maestro Vincenzo Gatti; nel 1785, padre Eugenio Tarco, custode.
Stranamente, solo cinque di questi nominativi si riscontrano nella lista di ventidue nomi pubblicata da padre Fiore e aggiornata fino al 1743 da fra Domenico da Badolato: Dionigi Colomba da Oriolo, Antonio Sacco da Lago, Gio. Battista Clauso da Rogliano; Domenico Imperiale da Oriolo, Antonio Pascale da Cosenza, Ludovico Rizzuti da Bisignano, Dionigi Spina da Lago.
Quali le cause del progressivo declino e in fine dell'estinzione della provin-cia? E' certo che un colpo assai grave era stato inferto alla provincia dalla soppressione dei piccoli conventi ordinata da Innocenzo X nel 1652. Fu così che i frati dovettero allontanarsi per sempre da Cropani ed inoltre da Terranova, Zagarise, Amantea, Domanico, Cuti, Belcastro e Pietrafitta.
Ma la vera decadenza e poi la fine si ebbero nel secolo XVIII. Un terribile terremoto nel 1783 fece crollare chiese e conventi. La politica giurisdiziunalista del ministro Tanucci fece il resto.

CONCLUSIONI
A due secoli di distanza dalla sua scomparsa da questa regione, il Terz'Or-dine Regolare di S. Francesco non si sente forestiero in Calabria.
Ha qui lasciato ad attenderlo uno dei suoi figli migliori, germoglio semprever¬de di questa terra generosa, che lo ha gelosamente custodito, in attesa di un glorioso risveglio.
Intendiamo parlare del Beato Paolo e della conclusione della causa per il riconoscimento del culto prestato ab immemorabili al nostro Beato e all'adempimento del voto per un felice ritorno che fecero i confratelli del Beato Paolo al momento della loro dolorosa partenza da Cropani.
Tutto è possibile con l'aiuto di Dio e la buona volontà di noi tutti.

NOTE
1. Lo storico Francesco Bordoni, nel suo Cronologium fratrum, et sororurn Tertii Ordinis S. Francisci tam reqularis quam saecularis, stampato a Venezia nel 1658, ci offre l'elenco completo dei conventi della Provincia di Calabria, con brevi note storiche su ognuno di essi. Ai suoi tempi, esistevano ancora sette conventi: Oriolo (San Francesco) del 1439, Bisignano (S. Maria delle Grazie) del 1440, Sangineto (S. Maria della Pieta) del 1558, Lago (S. Maria del Soccorso) del 1561, Fagnano (S. Sebastiano) del 1580, Mottafollone (S. Maria della Croce) del 1585, Cosenza (S. Maria degli Angeli) del 1606.
Recentemente, nel 1653, il papa Innocenzo X aveva soppresso ben nove conventi, con il pretesto che, non essendovi in essi almeno sei frati, non si potesse osservare la regola. Si estinsero cosi i conventi di: Terranova (S. Maria di Loreto) fondato nel 1477 dai frati Bernardino Negra, Ludovico de Marco e Paolo de Ambrosis da Cropani, il nostro Beato!, Cropani (San Salvatore del 1441, poi S. Maria delle Grazie del 1477, dove riposava il corpo del Beato Paolo), Zagarise (San Salvatore) del 1533, Amantea (S. Maria di Loreto) del 1535, Domanico, (S. Maria del Monte Carmelo) del 1550, Magisano (San Salvatore, poi S. Maria di Loreto) del 1505, Coti (S. Maria della Croce, poi S. Maria delle Grazie) del 1570, Belcastro, (S. Maria dello Spirito Santo, poi la SS.ma Trinita, poi S. Maria di Loreto, poi San Biagio e in ultimo di nuovo la SS.ma Trinita), Pietrafitta (S. Maria degli Angeli) del 1633.
In precedenza erano stati chiusi, per motivi che non conosciamo, i seguenti altri conventi: Belvedere (S. Nicola de Palurnbaria) fondato nel 1441, Castel SanLucido (S. Maria di Pressano) fondato nel 1447, Grimaldi chiuso nel 1548, Cosenza (S. Michele Arcangelo) fondato nel 1446, Lavello fondato nel 1444, Stromboli (S. Maria delle Grazie), Lipari (San Bartolomeo), Taranto convento fondato nel 1443, Trebisacce fondato nel 1583, Patrica (Romitorio di S. Cataldo) fondato nel 1476.
2. Leggenda dei Tre Compagni, in FF n. 1441, p. 438: Anonimo Perugino, in FF n. 1509, p. 1135.
3. BF I 30.
4. F RA GIOVANNI FIORE DA CROPANI. Della Calabria Illustrata, Libro II Calabria Sacra, Napoli, nella Stamperia di Domenico Roselli MDCCXLIII, p. 121.
5. SILLI o DE SILLIS ANTONIO, Studia originern, provectum atque complementum Tertii ordinis de Poenitentia S. Francisci concernentia. Napoli, Ex Tipographia Constantini Vitalis MDCIX, p. 32
6. BORDONI FRANCESCO, Cronologium Fratrum et Sororum TertIl Ordinis S, Francisci tam reqularis quam saecularis etc. Parmae, Tàpis Marij Vignae MDCLVIII, p. 42.
7. BORDONI FRANCESCO, Archivium Bullarum, Privilegiorum. Instrumentorum et Decretorum fratrum, et Sororum Tertii Ordinis S. Francisci. Parmae, 1àpis Marij Vignae, 1658. Instr. XI, p. 689.
8. Arch. Not. di Foligno, n. 100, Vol. 1436-37, f. 34r, 14-14-1436. Cfr ROSSETTI FELICE, La Beata Angelina dei Conti di Montegiove. Pistoia 1976, p. 109.
9. ANDREOZZI G., San Giovanni da Capestrano e Terz'Ordine di San
Francesco. Roma 1987, p. 113 ss.
10. SENSI M., Osservanze francescane nell'Italia Centrale, p. 339.
11. PAGNANI G., San Liberato e il suo convento. 1942, p. 41 e 339.
12. BF I 71.
13. BF I 458.
14. BF I 769.
15. BORDONI F., Cronologium, p. 402.
16. LUCONI, Comitia Generalia, p. 461.
17. Il Regno delle Due Sicilie, descritto e illustrato - Opera dedicata alla
Maesta di Ferdinando II, Napoli, p. 40.
18. FIORE G., Della Calabria Illustrata, p. 421.
19. BF III, 965, 474.
20. BORDONI, Cronologium, p. 403.
21. ID., p. 404.
22. BF I, 548.
23. BORDONI, Cronologium, p. 405.
24. BORDONI, Archivium, instr. XIII, p. 705.
25. RUSSO F., Regesto Vaticano per la Calabria, Vol. I, pag. 302.
26. BF Ill Suppl., p. 976.
27. WADDING, Annales, T. XI, 1446, XXVII, p. 307.
28. FIORE, Della Calabria Illustrata, cap. ILI, p. 79.
29. BORDONI, Cronologium, p. 403.
30. FIORE G., Della Calabria Illustrata, p. 79.
31. BORDONI, Cronologium, p. 402.
32. ID., p. 405.
33. RUSSO F., Scoria dell'Arcidiocesi di Cosenza, p. 134.
34. GRECO L. M. Annali della Calabria Citeriore dal 1806 al 1811. Cosenza 1882.
35. BORDONI, Cronologium, pp. 403-405.
36. ID., p. 403.
37. RUSSO, D.C. p. 144.
38. 3F 1991, p..187.
39. BF III, 190, p. 980.
40. BF II, 736, p. 861, Bolla "Dignum arbitramur et congruurn" del 16 marzo 1454.
41. BORDONI, o.c., p. 404.
42. ID., p. 404.
43. ID., p. 404.
44. ID., p. 405.
45. RUSSO, Scoria dell'Arcidiocesi di Cosenza, p. 144
46. BORDONI, o.c., p. 404.
47. ID., p. 402.
48. ID., p. 402.
49 ID., p. 404.
50 ID., o.c., p. 403.
51 ID., o.c., p. 403.
52 ID.. o.c.. p. 406.
53 iD., o.c., p. 406.
54 iD., o.c., p. 406.
55 ID., o.c., p. 406.
56 ID., o.c., p. 405.
57 SENSI, Le Osservanze francescane, p. 1333.
58 DE SILLIS A., Studia etc., p. 36.
59 ID., o.c., p. 98.
60 SORDONI, Cronologium, p. 314.
61 RUSSO, o.c., p.
62 FIORE G., o.c., p. 83.
63 BORDONI, Cronologium, p. 406.
64 PETRICCIONE V., De ratione studiorum in Tertio Ordine Regulari S. Francisci. iuxta Decreta Constitutionum Generalium ab anno 1589 ad annum 1780. In ATOR VIL p. 750, n. 3 Ex Tabul. Nat. Parm.Cod. Pal.1160,f.173r e v.
65 FIORE, o.c. Calabria Sacra, T. IL, p. 422.
66 LUCONI R., Comitia Generalia Tertii Ordinis Regularis S. Francisci e orumque acta selecta. In ATOR, T. III pp. 361-585, passim.